ADL vince e raccoglie. Le parole di Sarri il dolce epilogo di un’annata, quasi, perfetta

Degli spifferi, o presunti tali, non è dato sapere. Contano i fatti, alla fine, non un’inezia per due pragmatici come Aurelio De Laurentiis e Maurizio Sarri: “Il presidente mi ha trattato come un figlio, mi sento parte di questa famiglia. Mi ha offerto un contratto importante, sotto tutti i punti di vista. Non era tenuto a farlo perchè già ce l’avevo, sono contento perchè mi ha riconosciuto tanto. Se sono arrivato a questi livelli lo devo a lui, per la scelta che ha fatto l’anno scorso“. Parole al miele, dolcissime, pregne di emozione, stima e gratidudine che sigillano un quadro ai limiti dell’idilliaco.

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Parola ai contratti, ingaggio raddoppiato più ricchissimi bonus. E quell’opzione unilaterale e rinnovabile cassata dalle clausole contrattuali. Insieme fino al 2020, il massimo risultato con il minimo sforzo, tanto basta per chi viaggia sulla stessa linea di pensiero. Poi le divergenze, certo, che rappresentano comunque la regola in qualsiasi rapporto lavorativo che significhi confronto, relazione continua, perché in fondo si cresce e si migliora anche – soprattutto – così.

Resta una vittoria, per Sarri gratificato e rinvigorito nello spirito dopo una grandissima stagione d’esordio. L’approccio con il calcio che conta a suon di record, annichiliti, coronando il sogno di guidare quella squadra sostenuta e tifata fin da bambino. Per il patron azzurro un trionfo, nell’annata più dura, quella dei dubbi, delle supposizioni. La seconda senza Champions League, la prima con un passivo in bilancio figlio di annate contraddistinte da sfortuna e scelte rivedibili. Il colpo di coda, ad effetto, quando la salita appariva impervia. La scommessa sul tecnico di provincia vinta su tutta la linea. Un professore in cattedra ammirato, sostenuto, anche nei momenti più complessi. Difesa ad oltranza dopo la partenza ad handicap. Fiducia nella bontà del progetto, nel valore di un gruppo messo a disposizione di un maestro di calcio agendo bene in estate e facendo qualche sacrificio. Perché si, diciamolo, trattenere i big in un precampionato reso rovente dal dopo Benitez non è stata ordinaria amministrazione.

Tutto ripagato, alla fine, con il miglior campionato disputato dagli azzurri nel dopo Diego ed un carico irrefrenabile di entusiasmo per l’annata che verrà. Resta, certo, qualche rimpianto. Conti aperti con la sorte, tutta materializzata nel tiro-cross sibilato e velenoso di Pina, pietra tombale su una campagna euroeaa che avrebbe potuto regalare ben altro. E poi quel limbo, a metà tra l’attendismo ed il rischio calcolato, cristallizzato in una sessione di mercato invernale da comparsa nonostante il primato in classifica al giro di boa ed una stagione da giostrare su tre fronti. La Juventus dei record sarebbe rimasta, forse, comunque irraggiungibile, ma chissà. Appunti per il viaggio, in vista di una nuova stagione da affrontare a testa alta, ritrovando il massimo palcoscenico europeo e provando a gettare lo sguardo oltre l’ostacolo. Perché in fondo, quell’appuntamento con la storia non può essere per sempre rimandato. Agire può essere la chiave: “Se arriveremo secondi faremo tantissimo”. Tutto agli atti, c’è poco da andare oltre le righe. Homo faber fortunae suae. De Laurentiis, imprenditore e presidente lungimirante, capace e – nota al merito – fortunato, lo sa meglio di tutti.

Edoardo Brancaccio

 

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