“E si chest nun è ammore ma nuje che campamme a ffà”: qui dove le emozioni fanno più rumore di cinque scudetti consecutivi

“E si chest nun è ammore ma nuje che campamme a ffà, e se chiove o jesce o sole, je te voglie penzà, pecchè senza ‘e te nun sò niente”. Scriveva così il mai dimenticato Pino Daniele, in una delle sue canzoni più belle: “Senza ‘e te”.

Una strofa che potremmo prendere a prestito per descrivere lo stato d’animo dei tifosi napoletani. L’amore viscerale per la propria squadra. Un sentimento, probabilmente, unico in Europa insieme a pochissime altre tifoserie (Liverpool, Celtic, Dortmund, Atletico Madrid). Un modo di vivere lo sport senza eguali, di indole quasi sudamericana.

Una piazza isterica, complessa, irrazionale, ingestibile, a tratti insopportabile, ma che prova e regala ai calciatori emozioni fuori dal normale.
La serata – meglio dire la nottata, visti i tanti tifosi giunti fuori Villa Sant’Angelo (alle tre di notte!) per acclamare i propri beniamini – di ieri ne è l’esempio lampante.

L’ha capito Maurizio Sarri, emozionatissimo a fine partita: “Siamo arrivati secondi, ma i nostri tifosi sono campioni d’Italia”. Il secondo posto festeggiato come se fosse uno scudetto. Gonzalo Higuain, entrato nella storia del calcio italiano con i suoi 36 gol in campionato, venerato e abbracciato da un intero stadio. Immagini che hanno fatto il giro del mondo.

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Una qualificazione diretta in Champions e il centravanti più forte al mondo hanno fatto più rumore di un’impresa assoluta come il quinto scudetto consecutivo. “Voi non sapete cosa significa vincere così tanto”, diranno in molti. Ed hanno ragione.

Eccome se hanno ragione. I tifosi partenopei probabilmente non vedranno mai certi traguardi. O magari sì. Chissà. Di sicuro a Napoli la fame di vittorie è tanta, inutile negarlo, ma certe magie si vivono solo in certi posti.

Lì dove tutto lascia spazio all’irrazionalità. Lì dove “Je te sento accussì, comme o sang int’e vene”. Lì dove a trecentosessantacinque giorni di distanza sembra di essere in un altro luogo, ma è sempre lo stesso. Parthenope.

Andrea Gagliotti

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