Napoli, addio al cupo febbraio: adesso c’è solo da ritrovare la magia

Tornado. Un vortice di sfortuna e appannamento che ha strappato il Napoli dall’orticello coltivato finora, scaraventandolo nel girone degli “Incompiuti”. Questo e poco altro è stato l’agghiacciante febbraio azzurro, ben oltre il mero fattore meteorologico. Due punti nelle ultime tre gare, eliminazione dall’Europa League, brillantezza perduta, attacco spuntato e preoccupante vulnerabilità. Al netto di una caterva di episodi sfavorevoli, resta un mezzo disastro. Si fa fatica a trovare aspetti positivi nell’ultimo mese. Anzi, forse uno c’è. E’ finito.

Si riparte, dunque. A tre punti dalla vetta, in fondo nemmeno così tanti vista la pericolosa turbolenza. Ma soprattutto si riparte a difesa dell’accesso diretto in Champions, vero obiettivo stagionale della società. Roma e Fiorentina sono vive e scalpitano, esortandoci ad uscire in fretta dal letargo. A Firenze le due settimane di buio dei partenopei hanno toccato il fondo nei primi 45’. Per errori innumerevoli in impostazione, sofferenza difensiva e mancanza di cattiveria, il Napoli versione “porgi l’altra guancia” ha addirittura riesumato i resti delle peggiori prestazioni in era Benitez. Curioso pensare come entrambi i primi tempi giocati contro i viola in finora siano state le uniche occasioni in cui si è parsi totalmente in balia dell’avversario. E se al San Paolo andò in scena un Napoli fiammante e prolifico, restare a galla in questa fase della stagione era un attimino più complicato. Ma la squadra ha retto, ribaltando anche un nuvolo di preconcetti sulla cattiva sorte piuttosto abusati di recente. Il punto dove si è rischiato seriamente di sprofondare del tutto deve essere il nostro nuovo punto di partenza.

Dalla capacità di compattarsi, soffrire e sopravvivere ai cataclismi che si intravedono nuovi orizzonti. Gli uomini di Sarri, in una serata che sapeva tanto di resa, hanno riassemblato i pezzi e sfiorato in diverse circostanze il colpaccio nella ripresa. Tornando a giocare, a ragionare. Tornando alle certezze che non devono essere scalfite dai risultati negativi. Meglio sudarsi un punto su un campo ostico che dominare gli avversari e ritrovarsi poi con in mano un pugno di mosche. Nulla è perduto se non si smette di far valere i propri principi fondanti. Un calendario indubbiamente più agevole e l’assenza di competizioni extra restituiranno pian piano la freschezza atletica e i punti sfuggiti. Allenando sempre la componente mentale e la concentrazione, ingredienti determinanti quando l’esperienza ai vertici latita e lo sgambetto ad opera di compagini meno blasonate è dietro l’angolo. “Ancora non sappiamo dove possiamo arrivare – ha sempre affermato il mister toscano – l’importante è dare il 100%”. Conoscere profondamente sè stessi, rovistare nei propri limiti, aiuta a migliorarsi. Una filosofia di vita che non ha mai fallito.

Saggio, pacato e indiscutibilmente carismatico, Maurizio Sarri ha già avviato quest’introspezione e sa quanto conviene mettersi in discussione. Lo ha fatto all’inizio dell’anno, quando ha capito che i suoi calciatori rendevano maggiormente con un modulo diverso da quello al quale auspicava. Oggi starà studiando possibili varianti al suo impianto di gioco per evitare di essere disinnescato come accade troppo spesso ultimamente. Quando i tre di centrocampo non hanno gamba per pressare alti o fare filtro, quando gli esterni accusano battute a vuoto dovute al sovraccarico di impegni, il Napoli si colora di una sterilità che non gli appartiene. Finora il punto di forza è stato il blocco di titolarissimi, è chiaro come l’altissimo minutaggio possa incidere sulle performance. Una rotazione calibrata non sarà nociva, come non lo sarebbe una lettura dei cambi in corso leggermente più tempestiva. Anche se qui, ad onor del vero, le cartucce da sparare sono estremamente ristrette.

Piccoli ripensamenti con la solita unione d’intenti, aspettando che i raggi della vittoria penetrino e riscaldino ossa e muscoli. E’ la serenità il fattore decisivo. Non solo quella psicologica, che funge da scudo a tutte le scomode interferenze esterne e ti invita a proseguire dritto per la tua strada. Parlo proprio dell’allegria che questi giocatori emanavano (e lo fanno ancora, magari solo più a sprazzi) con il pallone tra i piedi, con il solo intento di stupire e divertirsi. Aiutandosi l’uno con l’altro. Piacere senza eccessivi narcisismi, attaccare tutti insieme con la spensieratezza di quando si giocava al parco da bambini. La semplicità disarmante inculcata dall’allenatore può abbattere distanze e lasciare impronte forti, come dimostrano i numeri strepitosi da settembre ad oggi. Riconquistiamo innanzitutto quella magia. Nessuna responsabilità, niente fiato sul collo. Un’unica accorata richiesta: crederci fino in fondo!

Ivan De Vita
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