M’ama o non m’ama?

Fermi tutti. Aprite la finestra e respirate un po’ l’aria della città. Non percepirete le maledette polveri sottili, l’aroma della pizza più copiata al mondo o la salsedine che vi avvolge a partire dal lungomare. Vi assalirà quell’odore nauseabondo della delusione, misto ad una tendenza asfissiante all’autoflagellazione. Due sconfitte e un pareggio negli ultimi dieci giorni targati Napoli. Briciole. Ma da qui a farne una catastrofe pare quanto meno azzardato. In un’Italia calcistica governata ed indirizzata dai media, i napoletani non devono farsi abbindolare da queste crisi indotte. Gli azzurri non brillano, è vero, ma nemmeno demeritano. E hanno bisogno del nostro amore, ora più che mai. Tutti i grandi artisti hanno attraversato momenti di stasi produttiva, di riflessione. La storia racconta come questi periodi in chiaroscuro sono stati il preludio alla produzione di opere straordinarie davanti alle quali ancora oggi ci inchiniamo.

Nella giornata in cui l’Accademia della Crusca riconosce in “petaloso” un aggettivo dal suono accattivante, finisco per barcamenarmi in una sorta di “m’ama, non m’ama?” tra i petali della margherita a disposizione di Sarri. Strappo da questo stelo un po’ raggrinzito i risultati conseguiti, anche se figli di episodi e tutt’altro che veritieri. Ma contano più di ogni altro aspetto, purtroppo. La manovra è sempre ariosa e ci si impone anche all’Olimpico di Torino come mai prima d’ora. Lo si fa, però, con minore intensità, con minore brio, a volte peccando anche di sano coraggio. Il comune denominatore, in casi simili, è un calo fisiologico degli interpreti. Se si pensa che le 26 gare di campionato sono state affrontate ruotando appena 14-15 unità, la spiegazione è addirittura banale. Come sembrava banale offrire a questa squadra la linfa necessaria per gestire questo tour de force di febbraio. Petali da staccare e lanciare nella mischia. Pochi tasselli per consentire, cito a caso, a Marek Hamsik di parcheggiarsi in doppia fila con le frecce lampeggianti anche solo per 90’. Si è preferita la politica dei giovani, l’integrità (?) dello spogliatoio. Il tempo, come al solito, sarà galantuomo.

Tempo che passa e accresce la pressione. Soprattutto se si insegue e chi è in testa non dispensa passi falsi come fossero coriandoli. Così dalla pressione scaturisce la frenesia, l’ansia da vittoria a tutti i costi, una trappola subdola che ti avviluppa a mo’ di kebab come fanno le lenzuola alle 7 del mattino. E’ quanto accaduto nel secondo tempo di lunedì sera. I minuti trascorrevano inesorabili, il Napoli voglioso e sempre propositivo ma irrimediabilmente arruffone e poco lucido negli ultimi trenta metri. Il fiato sul collo di malumori e rimpianti è un coltello con doppia lama, impedisce la giocata più semplice e si nutre di ogni piccolo sbaglio. La maturità di questa squadra cresce di giorno in giorno, ma a volte il fardello diventa troppo pesante e l’esperienza dei senatori diventerà determinante per mantenere la calma.

Nella gara di stasera sarà questo il maggiore pericolo, al di là delle indiscutibili qualità del Villarreal. La rimonta da realizzare, questa torbida sequenza di risultati negativi dalla quale riemergere, gli eventuali contraccolpi di un addio all’Europa. Si rischia di finire nuovamente prigionieri dell’affanno se la gara non si sblocca nel breve termine. Allora ben vengano le orgogliose certezze lasciate trasparire dalle parole di Jorginho e di Albiol. L’astio nei confronti delle frecciatine dei giornalisti mostra che la squadra c’è, è cattiva e non ammette critiche al proprio operato. C’è e mostra gli artigli anche nella difesa di Higuain, strategicamente bersagliato dai soloni per appena due gare di astinenza. Ora tocca a Sarri, nei dovuti limiti, proteggere il suo pupillo. Ormai è cinturato in ogni match, libero nemmeno di respirare, inghiottito altresì dalle linee strette di squadre che si travestono da Carpi anche con un palmares simile al Real Madrid. L’opzione Gabbiadini al suo fianco crea spiragli al Pipita e alternative “pesanti” all’intera manovra. Concedere alla coppia qualche effusione in più, magari ridisegnando l’assetto del centrocampo a partita in corsa, non mi sembra affatto reato.

L’assetto, l’equilibrio, un’accorta fase difensiva. Sono le basi del Napoli di Sarri, forse la più visibile dicotomia con Rafa Benitez. Sembra un paradosso se guardiamo le bacheche dei due, eppure il badare prima a non prenderle è il vero segreto del successo. Senza dubbio lo è nel campionato italiano. La Juventus ha insegnato come si fa in questi anni di egemonia  e prosegue sulla stessa scia. Chi ha assistito, ad esempio, alle gare dei bianconeri contro Milan, Roma, Genoa e lo stesso Napoli intuirà subito il mio pensiero. Non si può essere un’eterna bellezza, non si possono puntuamente calpestare avversari come se fossero comparse. Capita di non essere in serata, capita che la fortuna ti volti le spalle. Ma un golletto sarai sempre capace di farlo. L’obiettivo è restare inviolati. I partenopei devono rientrare nell’ottica della solidità, dello zero nella casella gol subiti. L’assoluto propellente della stagione azzurra, più dei 78 siglati e ora improvvisamente dimenticati. Le amnesie degli ultimi due mesi sono state troppe, con un prezzo da pagare molto più salato dell’appannamento fisico. Testa alta e attenzione ai dettagli. Questo è il Napoli che “m’ama”. Rimontiamo!

Ivan De Vita

Riproduzione riservata

Home » Notizie Napoli Calcio » Editoriale » M'ama o non m'ama?

Impostazioni privacy