Cannavaro: “Da bambino vita non facile, c’era il boom della droga. Maradona? Era sovrumano. Tra Juve e Napoli dico…”

Alla vigilia di Juventus-Napoli in programma sabato sera alle ore 20.45 il grande doppio ex della partita, Fabio Cannavaro, è stato intervistato dai colleghi de Il Corriere dello Sport. Ecco le sue parole, raccolte dalla nostra redazione.

Vita non facile, primi calci e Maradona – A casa il calcio era come il pane, un qualcosa di quotidiano. Io ho imparato per strada e all’oratorio. Erano però i primi anni ’80, c’era droga dappertutto; la nostra strada era molto pericolosa e mia madre era attenta sotto questo aspetto. Si bucavano proprio sotto casa mia. Mia madre teneva tantissimo alla mia istruzione. Il primo calcio? L’ho dato in un terrazzo e la palla andava nel giardino della signora di sotto, che me lo rispediva subito dopo. Ho iniziato a giocare nella scuola calcio dell’ItalSider Bagnoli e poi ho fatto tutta la trafila con il Napoli. Naturalmente il momento più bello era quando la domenica si giocava allo stadio e potevamo vedere Maradona: io mi posizionavo dove c’era la bandierina e facevo tantissime foto. Maradona era davvero un’apparizione, un qualcosa in più di un uomo. Un giorno gli chiesi un paio di scarpini da gioco, visto che avevamo lo stesso numero e lui mi fece arrivare delle Puma King. Ho iniziato a 17 anni con Ranieri in Coppa Italia e ho esordito in campionato proprio contro la Juventus. Marcavo un grande, Paolo Di Canio: fu una grande emozione. Io però volevo giocare di più e chiesi la cessione. Andai a Parma, ma i tifosi erano molto dispiaciuti di ciò. In Emilia però c’era un grande gruppo, costruito per vincere”.

Allenatori, Juve, Nazionale e sfida dello “Stadium” – “Il più grande allenatore credo sia stato Ancelotti, che è stato fondamentale per la mia crescita, ma anche Bianchi e Lippi hanno creduto in me. Con la Juve mi sono sentito a casa: abbiamo vinto due scudetti e li abbiamo meritati sul campo. Ho avuto tanti compagni davvero forti e posso dire che Buffon è come Maradona. Decisi poi di andar via perché avevo ancora mercato e preferivo non scendere di categoria. Nazionale? Un giorno mi piacerebbe allenarla, è il massimo. Bisogna fare esperienza e la sto accumulando. Juve-Napoli? È una partita speciale, ma ogni anno cresce astio tra le tifoserie e ciò non lo condivido. Non mi piace vedere cori offensivi, striscioni e curve vuote. Si tratta di calcio e tale deve restare. Il Napoli al momento è davvero forte e forse ha più fame della Juventus: secondo me gli azzurri possono vincere lo scudetto”.

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