La mentalità e i tasselli mancanti

Tutti in riga e a capo chino davanti a questo Napoli. Quando ormai tutte le prime della classe hanno varcato la soglia del San Paolo, possiamo affermare senza minimo dubbio che questa squadra incute timore. Inter, Juventus, Roma, Milan (a domicilio), insomma tutto il blasone della nostra serie A ha sancito con l’atteggiamento negli scontri diretti contro gli azzurri, prima ancora del risultato finale, quanto sia cresciuta la quotazione di questo gruppo. Una presa di coscienza della propria forza che deve iniettare fiducia e certezze, senza mai scadere in presunzione. Il rispetto si ottiene con l’umiltà. In silenzio e a testa bassa.

Ingenerose e come al solito sproporzionate le critiche dopo lo scivolone di Bologna. Una difesa a tenuta stagna, l’imbattibilità granitica dalla fine di agosto e collezioni di record in Europa non meritavano un trattamento simile. Lo stop poteva verificarsi, anche se è avvenuto in maniera fin troppo brusca. Almeno in quei trenta minuti di totale catalessi. Un’improvvisa batosta al culmine di una rincorsa, con le apocalittiche conseguenze previste da chi la attendeva trepidante proprio per scatenarsi. Bene, la replica doveva giungere decisa ed immediata. Due vittorie in coppia e il pareggio con l’amaro in bocca contro una Roma ormai a pezzi. Nessun volo pindarico, nessun appagamento da vetta. Questa è la notizia che ricaviamo dall’ultima settimana. Si devono ancora migliorare alcuni aspetti e mantenere perennemente alto il livello di concentrazione, tutto vero. Ma le basi per grandi traguardi sono ormai solide. La mentalità ha chiaramente invertito la rotta rispetto al recente passato. “Vincere partita dopo partita” non è più solo uno slogan da presentare davanti ai microfoni. Sta diventando realtà. E potrà trascinare tutto il resto con l’irruenza di un fiume in piena.

Le fondamenta, dunque, sono state gettate. Ora si deve lasciare spazio alla creatività. Quella in campo è sempre ben accetta, troppo spesso decisiva nei singoli match. Poi, però, c’è la proiezione sul lungo termine. Non so se ha piedi educati, ma di certo al buon Maurizio la fantasia non manca. Dopo aver addobbato il suo Napoli con quel 4-3-3 che gli calzava a pennello, ora la stella Cometa del suo albero natalizio dovrà guidarlo alla ricerca di varianti di gioco. L’effetto sorpresa inizia a svanire e gli allenatori avversari stanno studiando contromosse per depotenziare la locomotiva azzurra. Squadra compatta, linee strette e senza sbocchi sugli esterni, gabbia su Higuain e Jorginho seguito a uomo fino alla toilette. Il colmo è ricevere questa “lezione di disinnesco” dalla Roma di Garcia che, teoricamente, arrivava a Fuorigrotta per terrorizzarci. Al netto di ciò, la questione resta viva e va affrontata.

Le alternative rendono imprevedibili, ogni trama avrà diverse interpretazioni. I numeri, invece, hanno più o meno un significato univoco. 28 reti all’attivo per i partenopei, 21 delle quali suddivise tra Higuain (14) e Insigne (7). Non serve un manuale di statistica per capire quanto servono al Napoli gol “diversi”. Perchè una febbretta di Gonzalo non può nè deve sconvolgere l’intera struttura. Gabbiadini lo rivedremo nel 2016, mentre Mertens scalpita e allo stato attuale sembra quasi un delitto tenerlo fuori. Ma nel bottino azzurro mancano terribilmente le marcature di Callejon e Hamsik. Il lavoro quantitativo e di collante svolto da entrambi è davvero encomiabile. Ma a quale prezzo? La lucidità negli ultimi metri ovviamente ne risente. L’hanno chiamata mancanza di cattiveria nella sfida ai giallorossi. Eppure la fame a questa squadra non manca, magari si tratta soltanto di un fisiologico appannamento.

Tre le competizioni in corso, con un febbraio che si prospetta torrido. Non si può rischiare di avere le munizioni contate. Valorizzare la rosa è un’escamotage, non la panacea di tutti i mali. “Se la società ha ambizioni diverse, saprà come operare”, è stata la frecciatina nemmeno così velata lanciata da Sarri al patron. Perchè i complimenti e gli inchini soddisfano, come no. Ma l’appetito vien vincendo. O è il contrario?

Ivan De Vita

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