Pepe Reina leader innamorato e senza paura: quando non arrivano i guantoni, ci mette sempre la faccia

Una domenica strana ieri al Dall’Ara ed un lunedì ancora più atipico fatto delle reminescenze di un passo falso che ha palesato un Napoli distratto ed in difficoltà, caduto sotto i colpi di un cinico ed aggressivo Bologna. Non è la prima volta che alla truppa azzurra capita di invertire ogni pronostico al cospetto delle “piccole”: un limite sicuramente da superare ma che, fino ad oggi, Sassuolo a parte, sembrava essere un ricordo solo del passato. Errori di reparto, una sofferenza tattica e poche idee ragionate per un Napoli che non c’era e che si è visto perso anche di chi, fino ad oggi, ne rappresentava una solida certezza. Tra coloro che non hanno meritato la sufficienza in pagella anche Pepe Reina e forse, da Bologna, è proprio questa la notizia che scuote di più.

MEA CULPA. Sicuramente il numero 25 partenopeo non è l’unico “colpevole” delle tre reti incassate ma poteva sicuramente fare qualcosa in più al momento delle conclusioni di Destro ed al colpo di genio di Rossettini. Assurdo, imprevedibile, sorprendente, proprio perché era lo stesso portierone iberico ad essere spesso risolutivo seppur chiamato in causa davvero raramente dagli avanti avversari, complice una difesa solida e rocciosa. Ieri invece è andato tutto a rotoli, seppur momentaneamente, con un reparto arretrato disunito ed un portiere preso alla sprovvista dai cali dei suoi compagni. Inutile piangere sul latte versato, così come è doveroso un mea culpa. Ma non solo. Pepe sa che Napoli si aspetta tanto da lui e che in Emilia non ha dato il massimo e si assume tutte le responsabilità del tracollo, anche quelle che non merita perché si sa, nel calcio si vince e si perde sempre tutti insieme. Eppure è lì, a fine gara, quando nessuno ha voglia di parlare, quando tutti vogliono scappare e nelle orecchie hanno solo gli ennesimi cori beceri di uno stadio superficiale e prende la parola. “Bisogna imparare dagli errori. Il 3-0 ha chiuso la partita anche se poi abbiamo trovato la forza per riaprire il match. Noi dobbiamo giocare a calcio: sappiamo che lavorando possiamo raggiungere ottimi risultati. Certo, ci si è messa anche la mia papera che probabilmente ci ha tagliato le gambe. Ho commesso un errore, può capitare, non mi nascondo di certo: ho abbastanza esperienza per riprendermi e dare il massimo rialzandoci da subito”.

FLASHBACK. Parole da leader, da calciatore esperto e punto di riferimento della squadra e dei tifosi, che non ha paura di assumersi le proprie difficoltà dopo una brutta sconfitta, mettendoci la faccia lì dove non arrivano i guantoni. E non è neanche casuale: impossibile infatti, non ricordare le stesse simili parole di circa due anni fa. Era il 2 gennaio 2014 quando il Napoli scivolò inaspettatamente a Bergamo contro l’Atalanta. Anche lì una prestazione poco convincente dell’allora ottimo Reina, che spianò la strada alla prima rete di Denis. Anche allora un’ammissione di colpa ben precisa: “La partita è cambiata dopo il mio errore: sullo 0-0 potevamo controllare meglio la gara. Dopo il mio scivolone ci siamo persi tatticamente e psicologicamente e mi sento molto male per la squadra e per i tifosi”. Anche la chiosa era uguale: ” Ora dobbiamo rialzare la testa e tornare a vincere, se lavoriamo bene alla fine i risultati arriveranno”.

Insomma, passano gli anni, cambiano le stagioni ma l’unicità di Pepe Reina resta, per fortuna immutata. Un professionista serio, che ama la maglia azzurra ed i suoi tifosi perché lui ne è il primo. Non è da tutti svelare le proprie colpe, analizzare i propri punti deboli e soprattutto scusarsi sotto i riflettori, ancor più quando c’è una chioccia pronta a fare quadrato, a puntare il dito verso se stesso e tutti e non con il singolo. Eppure Pepe lo fa, senza paura, senza timori reverenziali: perché è giusto essere onesti con se stessi e con ti segue, chi macina chilometri per sostenerti e si aspetta sempre il massimo. Anche quando non raccoglie otto in pagella, Pepe il massimo lo dà e queste reali dimostrazioni e la fortissima voglia di riscatto sono forse più importanti di un rigore parato.

Alessia Bartiromo
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