“Non calciate in quella porta”: dai guantoni puliti di Reina al lavoro specifico in allenamento

La vittorie più schiaccianti nascono dal basso. O da dietro, a seconda delle circostanze. E’ la storia che lo insegna. Dedizione e pragmatismo mettono fieno in cascina, evitando di esporsi alla luce dei riflettori. Dopo il match d’Europa League stasera che vedrà affrontarsi un Napoli già appagato ed un Brugge a cacci di punti qualificazione, Lunedì sera al “San Paolo”, prima di Higuain e Icardi, Jovetic e Insigne, sfileranno a testa alta le due migliori difese della serie A. Quelle che, per buona pace degli zemaniani di turno, spingono Napoli e Inter nel lotto delle pretendenti allo Scudetto. L’imperforabilità alla base di ogni spettacolo.

Quindici reti subite in due. Per farla breve, gli stessi incassati dalla sola Roma, forse la principale pretendente al titolo in questa stagione. Un’inversione di rotta quasi inverosimile pensando ai cataclismi combinati da entrambe le retroguardie nell’annata scorsa. Equilibrio e tenacia, scoprirsi sempre con giudizio, in barba al napoleonico “la miglior difesa è l’attacco”. E’ vero che l’impermeabilità appartiene sia ai partenopei che ai nerazzurri, ma le somiglianze finiscono qui.

Mancini e Sarri, l’idolo delle folle e il banchiere votato al pallone. Tesi e antitesi a confronto. Eppure, paradossalmente, a divertirsi e divertire è il secondo. Insegnante di calcio a tavolino, amante della tecnica e del palleggio, il mister toscano costruisce un’identità di squadra, a partire dall’undici cristallizzato che va in campo. Verosimilmente più “economico”, oserei dire materialista, il Mancio sfrutta la fisicità dei suoi giocatori, puntando ad evidenziare i singoli e a sfruttare l’intera rosa, spesso ruotando i suoi elementi e le sue idee tattiche attorno all’avversario. Imbottendosi di 1-0 soporiferi ma che valgono sempre tre punti. L’ex doriano fa densità e ama raccogliersi in un fazzoletto, mentre il tecnico di Bagnoli preferisce la difesa alta e cura in modo maniacale la flessibilità della linea a quattro e la postura dei suoi difensori.

Tra i pali Reina e Handanovic sono due certezze intramontabili: lo spagnolo  è determinante sul piano carismatico; lo sloveno, invece, si è sempre dimostrato quasi senza rivali sui tiri dal dischetto. Le loro porte difficilmente violate, ma con contributi diametralmente opposti. Pepe ha quasi 500’ di imbattibilità, ma a spaventare è la sua inoperosità di cui ormai si pavoneggia anche su Twitter: la straordinaria fase difensiva degli azzurri è tutta nei pericoli ridotti all’osso per i guantoni in maglia gialla. Samir ha subito addirittura meno segnature del suo collega, ma sporcandosi le mani in svariate occasioni e rivolgendosi molto spesso alla mano candida della dea bendata (la gara interna con la Roma fornisce tutte le spiegazioni del caso).

Diamo un’occhiata anche alle coppie di centrali, benchè sappiamo quanto contino relativamente i singoli atleti nel confronto con i meccanismi d’insieme. Ma non bestemmiamo se allo stato attuale eleggiamo  la coppia Miranda – Murillo la più completa del nostro campionato per solidità, tenuta e mezzi tecnici. Fa indubbiamente un po’ strano, d’altro canto, ritenere Koulibaly e Albiol, artefici di innumerevoli disastri con la scorsa gestione, alla stregua dei due citati in precedenza. La fiducia e l’applicazione possono scalare montagne, ma senza l’ausilio di un’adeguata fase di non possesso è difficile acquisire una determinata efficacia. L’Inter ha prelevato dal mercato due pezzi da novanta, mentre il Napoli ha scavato in soffitta e ha rispolverato un amalgama dimenticato ma ancora nuovo di zecca.

Nella settimana in cui Rafa Benitez viene surclassato al Bernabeu da un Barca mostruoso, i partenopei vivono un pomeriggio da capolista. Non solo. Guardando la casella delle reti subite, gli uomini di Sarri hanno esattamente la metà dei gol al passivo rispetto allo scorso novembre. Un ghigno beffardo colora tutti i nostri volti, è inutile negarlo. Perchè chi persegue la proprie convinzioni senza mai mettersi in discussione, mai calarsi nella realtà circostante, è solo un vincente alla mercè di una clessidra. O della dea bendata.

L’umiltà, ecco. Qui forse le linee parallele di Inter e Napoli finalmente si intersecano. Lo spirito di sacrificio, dal campione al ragazzo della primavera, trasforma un’accozzaglia di strimpellatori in un’orchestra capace di esibirsi in qualsiasi teatro. E se ingoiano l’emozione e le gambe non tremano più, sarà difficile fermare questa melodia.

Ivan De Vita
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