Alla scoperta del Club Brugge: tra crisi e nuove motivazioni. E quel Duarte che tanto fece penare l’Italia…

Qualità, organizzazione, disciplina. E poi birra, attrazioni e tanta semplice bellezza. Ecco: in Belgio saranno pure dei ‘bacchettoni’, però sanno valorizzare il talento come nessuno. Anche nel calcio. Soprattutto nel calcio. Del resto, basta un semplice sguardo all’undici iniziale dei Diables Rouges: da De Bruyne ad Hazard, fino all’estro magico di Dries Mertens. Qui, col pallone, non si scherza.

UN “REAL” BRUGGE – E da Carlos Bacca ad Ivan Perisic, sembra chiaro che non lo faccia neanche il Bruges. Cioè, pardon: il Club Brugge Koninklijke Voetbalvereniging. Che con una traduzione poco letterale, vien fuori una sorta di “Real Brugge”: ovviamente in onore del regno belga, molto meno credibile chi lo spiega per la felice coincidenza che vede la famiglia reale (oggi rappresentata dal re Filippo) avere a cuore proprio i Blauw en Zwart.
Insomma: tifoseria vip a parte, il club di Preud’homme ha a malapena un nome da grande squadra. Specialmente dopo l’uscita devastante dal preliminare di Champions contro lo United, soprattutto dopo l’avvio shock in campionato da dieci punti in sette partite. Questione pure di sfortuna, di luna storta. Ma anche di clamorosi problemi di natura tecnico-tattica. E se nel primo turno europeo hanno maledetto la sorte e quel Manchester United troppo forte, resta da dire che in Europa ci sono rimasti e vogliono starci a lungo. Pazienza se la musica a Napoli non sarà quella dei “grandi”, in Belgio sono pronti: mai come prima, quest’anno tocca marcare la crescita esponenziale del proprio calcio.

IL GIOCO – Un calcio che in patria trova sempre più spesso la sua massima espressione nell’Anderlecht, lasciando agli altri rimasugli talentuosi ma fondamentalmente poco efficaci. Infatti Preud’homme s’arrangia praticamente come può, senza però mai rinunciare ad un calcio propositivo ed offensivo. Il suo è un 4-3-3 che si trasforma in 4-5-1 in fase difensiva, con un trascinatore sensazionale come il giovane Vanaken, ed un leader emotivo e carismatico come Duarte nel bel mezzo della difesa. Ah, vi dice nulla questo nome?  L’Italia di Prandelli ci sbatté contro per novanta minuti, l’Uruguay di Suarez lo vide esultare per il suo primo gol in un Mondiale: perché nel Costa Rica dei miracoli c’era lui a tener botta, lui a scrivere una delle più belle storie del calcio moderno.

L’ALLENATORE – E quanto vorrebbe, Preud’homme, che certe storie continuassero all’infinito. Purtroppo per lui, il risveglio d’inizio stagione è stato traumatico: finora le ha perse quasi tutte, l’ultima addirittura contro il fanalino di coda Mouscron. E per uno tra i migliori portieri della storia, non sapere dove andare a parare è il più infimo dei paradossi. Sarà che forse ci è abituato: perché essere un idolo dello Standard Liegi e finire a fare le fortune del Bruges, un pochino avrà temprato. E di certo, l’allenatore resta meno perforabile della sua difesa: prima corta, compatta ed ordinata. Oggi sull’orlo di un baratro di cui si sente già puzza. Il Napoli potrebbe praticamente finire il lavoro: servirà non fare sciocchezze colossali.

L’UOMO CHIAVE – E servirà tener d’occhio anche Diaby, l’unico vero punto forte di questo Brugge. In campionato ha già timbrato cinque volte il cartellino in sei apparizioni. E quando non c’era, il club ha perso in potenza e personalità. Insomma: è il faro in questa tempesta che sembra non finire mai per i nerazzurri. Per intenderci, Sarri ha già avvertito la difesa: occorre bloccarlo ed evitare penetrazioni, chiudere il rubinetto del suo talento con marcature decise e presenza costante. Un po’ di pressione, alla fine, va comunque messa: l’Europa è pur sempre tutta un’altra storia. L’allenatore, dal canto suo, sta pian piano imparando.

Cristiano Corbo

 

 

 

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