Scacco a Rafa in 180 minuti: così Sarri ha conquistato Napoli

Un problema mai risolto, un handicap costante a gravare sulla stagione partenopea appena conclusa. Il Napoli targato Benitez e le piccole, forse la più incisiva chiave di volta nei rimpianti dell’ultima annata del tecnico spagnolo in riva al Golfo.

Piccolo, a tutti gli effetti, era l’Empoli di Maurizio Sarri, tra le squadre di bassa classifica la compagine che maggiormente ha messo in evidenza tutti il limiti dell’undici del tecnico spagnolo. Due gare, tra andata e ritorno, contraddistinte dagli stessi affanni, da difficoltà ripetutesi a memoria, centottanta minuti di reale sofferenza, con un predominio talvolta soprendente. Tra il 2-2 del San Paolo all’andata e la clamorosa batosta del Castellani, 4-2 il finale, a cambiare è stato solo l’esito.

Un solo punto in due partite colto contro una squadra che mai ha mutato il proprio approccio alla gara, squadra compatta ai limiti del maniacale, fraseggio intelligente e movimenti a memoria a metà campo, un pressing ossessivo a togliere il respiro alla manovra partenopea. Tutto corredato dalle due armi più affilate del tecnico di origini napoletane: rapidità devastante nelle ripartenze e schemi sui calci piazzati da manuale, una sinfonia impeccabile che ha portato in dote ben sei reti in due partite contro i più quotati azzurri.

Una severa lezione, quella impartita al titolato vate madrileno, tutta nelle parole di Sarri nel dopo gara di Empoli: “Un po’ mi sono arrabbiato per il secondo gol perché credo che il 4-1 sarebbe stato il risultato più giusto.Penso che nel primo tempo sarebbe andata in difficoltà qualsiasi squadra”. Per chiarire che la personalità di certo non manca.

Due gare che avranno, senza alcun dubbio stregato il patron azzurro Aurelio De Laurentiisun tassello importante in una scelta ponderata, trainata dalla stagione da vera e propria rivelazione condotta dalla matricola toscana. Il nuovo corso partenopeo riparte da un uomo di campo, dedito al lavoro e pronto a giocarsi tutte le proprie carte nella prima, vera, grande occasione della carriera, ad un anno dall’esordio in A. I presagi lasciano ben sperare.

Edoardo Brancaccio

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