Orgoglio e senso di appartenenza, le mancanza dei “campioni” del Napoli spagnolo

Svegliarsi bene il giorno dopo una sconfitta con la Juve è molto difficile. Svegliarsi bene dopo le sberle di ieri è proprio impossibile. Sì, perché  tra le sconfitte conseguite contro i bianconeri negli ultimi anni questa è quella che forse fa più male. Il Napoli allo Stadium non ha mai avuto grande fortuna e ieri è stato quantomeno vicino ad un pareggio, ma quello che ha scandalizzato è il modo con cui è arrivata questa ulteriore battuta d’arresto.

Praticamente non giocando per lunghi tratti, quando invece c’era da lottare e sudare perché, conti alla mano, la squadra che aveva ancora qualcosa da chiedere a questo campionato era proprio quella azzurra. Invece contro le riserve di Allegri si assiste all’ultimo Horror Show firmato De Laurentiis, Benitez e giocatori tutti. Tutti responsabili, proprio come a Kiev, ma se bisogna prendersela con qualcuno, ora è giusto incolpare chi in campo ci scende per davvero.

Era sconcertante ieri guardare i visi di chi doveva portare il Napoli alla vittoria. Spenti, sin dall’inizio, complice un primo tempo ancora completamente regalato agli avversari. E fa ancora più male vedere le facce dei giocatori dopo un gol di Sturaro che ha del clamoroso per l’obbrobrio difensivo messo in scena. Tutti con gli occhi rivolti verso il basso, nessuno che guarda un compagno, zero comunicazione. Questa non è una squadra. Non si gioca così a calcio.

In questi tempi si parla tanto di differenze tra Mazzarri e Benitez. Bene, allora ricordiamoci tutti di quel quarto di finale di coppa Italia perso contro l’Inter nel 2011 ai rigori. Sul prato del San Paolo si vedevano persone che piangevano, Lavezzi su tutti, perché sapevano di aver fallito un obiettivo tanto a cuore ai titosi. Eppure quello era un quarto di Tim Cup.

Ecco, la differenza sta proprio qui. Chi vuole giocare a Napoli deve per forza acquisire due elementi fondamentali: orgoglio e senso di appartenenza. Senza queste qualità – che la squadra di Mazzarri aveva, come l’avevano anche gli azzurri vaganti tra Serie A e B prima di De Laurantiis – al San Paolo non si fanno fortune. Anzi, si finisce in disastro. Quest’anno nel gruppo azzurro c’è stato il dominio spagnolo, senza sapere che questo non è il Real Madrid. 

Il problema principale per i giocatori quindi è stato quello di non aver carattere e di non capire che il calcio qui a Napoli, relativamente è pure più importante che a Madrid. È un qualcosa che va oltre lo sport, è una continua lotta contro i poteri del Nord, vincenti, meritatamente o con tutti gli illeciti possibili, sia nella vita sia nel pallone, come vediamo. Ma purtroppo per la tifoseria quest’anno a rappresentare le loro speranze c’era chi a Napoli non ha mai messo piede. Sì, perchè nessuno di questi “campioni” ha vissuto la piazza, il contatto con la gente. La maggior parte dei loro vive in provincia, proprio a Castel Volturno, e scende in città solo di notte quando c’è da far festa.

Così e troppo semplice per chi viene pagato profumatamente e troppo frustrante per chi spende i soldi per novanta minuti di non gioco. A questo punto, si ricominci tutto da capo. Si prendano più giocatori italiani e napoletani. Si vada a ritrovare quello spirito primitivo che non aveva Mazzarri, ma che aveva il Napoli, fino al momento in cui, un giorno De Laurentiis e Benitez decisero di snaturarlo.

G. Sgambati

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