La bandiera che non si ammaina

La calcolatrice e il numero primo. La prima farà di tutto per impossessarsi del secondo, dividerlo in mille pezzi. Perchè odia vederlo sempre integro e altezzoso, proprio lei che è capace di scomporli tutti. Non ammette resistenze. E’ il suo mestiere, in fondo. Eppure rimarrà sempre delusa.

La frecciatina lanciata senza troppi giri di parole da Mino Raiola ad un ex della sua scuderia qual è Marek Hamsik dimostra come gli opposti possano anche non attrarsi se la distanza che li divide è incolmabile. Freddo amante dei numeri e dei sentimenti cuciti in filigrana il procuratore; un’oasi di senso di appartenenza, solidi principi e forse un pizzico di riconoscenza rappresentano invece lo slovacco. Il punto d’incontro proposto dal manager con il passaggio al Milan nell’estate del 2011, in realtà, punto d’incontro non è mai stato.

Hamsik doveva lasciare Napoli per dare nuova linfa alle sue ambizioni e al suo portafogli (specialmente), non accontentarsi di prendere a calci un pallone nel cortile di casa. Perchè a Napoli puoi sempre suonare il citofono e far scendere papà se qualcuno ti importuna. L’idea del manager è che il ragazzo non abbia voluto abbandonare una riserva protetta e cavalcare un alligatore come lui tra paludi semi-sconosciute. Mai Raiola potrà accettare questa fantomatica scelta di vita, mai riconoscere la sua piena sconfitta professionale. Le bandiere sono già a mezz’asta nel calcio odierno, figuriamoci nel suo di calcio. Nessun romantico pensiero al Baresi a strisce rossonere, alle sgroppate di Zanetti che sforano tutti i limiti d’età, a quel Totti che a 38 anni si scatta un selfie con la “sua” curva dopo un gol nel derby, o ancora ad un Del Piero ancora indiavolato per l’”arrivederci e grazie!” fornitogli dalla sua Juventus. Mino prenderà le sue tabelle e ti illustrerà come Marekiaro valeva 60 milioni quattro stagioni fa, oggi forse meno di un terzo. E come in fondo anche Gerrard abbandoni l’amato Liverpool per una cascata di miloni. Nel tuo calcio, Mino.

Non nel nostro. Non dove vedi il tuo Capitano baciare con rabbia la maglia azzurra dopo un gol nel periodo più critico della sua avventura ai piedi del Vesuvio. “Napoli è la mia terra e soffro quando la offendono”, disse tempo fa parlando di striscioni e cori discriminatori. Non esistono beniamini, è vero. Esistono tanti uomini accecati spesso dai propri interessi e dai propri tornaconto. Tra questi ce n’è uno, con la cresta sempre dritta e orgogliosa, che ha deciso di non inseguire il mondo dei paperoni e di essere felice in una terra che in fondo non è nemmeno la sua. Ma è tatuata addosso. Una missione.

Si è parlato di stimoli. “E’ come se essendo sicuro che tua moglie non ti lascia uno si siede e il rapporto perde slancio”. Meglio vendersi alla prima donna, vero? Non che non regga il suo discorso, anzi. Nella prostituzione calcistica odierna le maglie si scambiano come fossero slip. Ma perchè la trasgressione deve essere così inevitabile? Per trovare nuovi stimoli è necessario allargare gli orizzonti oltre la tua camera da letto? Marek vive il suo amore nell’esclusività del quotidiano, nell’amore della gente, nelle piccole soddisfazioni. Nelle lacrime di gioia di un bambino disagiato. Il Capitano vuole regalare sorrisi veri a chi ne ha bisogno, per completare la sua dimensione di uomo che magari travalica quella del professionista. Vuole vincere qui, perchè qui ha un sapore diverso. Non è una decisione comune. Io stesso la ritengo così irreale mentre vi sto scrivendo.

C’è però un altro aspetto da considerare, in controtendenza se vogliamo con quanto detto finora. Il carattere di Marek Hamsik. O meglio la sua personalità in campo. Perchè al di fuori ha spesso dimostrato grande solidità psicologica quando è stato attaccato da più parti. Ma in campo lo vorremmo sempre più cattivo. Il piglio del trascinatore è quanto tutti aspettiamo dal suo approdo a Napoli, ma purtroppo non si è mai evoluto. Dato per certo il suo infinto amore per Napoli, non si può escludere che la sua rinuncia ad approdare su altri lidi sia anche dovuta ad un sottile timore di confrontarsi con maggiori responsabilità e troppi campioni.

Come scoprirlo? Beh, facile. Le parole di Raiola meritano una risposta di Marek sul campo. Perchè Napoli è la sua fede, non il ripiego delle sue debolezze. Solo lui può dimostrare quanto è disposto a dare a questa città, la patria di tutti i suoi stimoli. Partendo dal Chievo domenica, gara che ricorda il non plus ultra di Hamsik all’inizio della stagione scorsa. Una bandiera non si ammaina. Nè la trascina via il vento. Una bandiera non è un gruzzolo di parole.

Ivan De Vita

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