IL PAGELLONE 2014 – Rafael Cabral Barbosa

Un anno davvero in agrodolce il 2014 di Rafael Cabral. Un anno intenso vissuto da un estremo all’altro, senza mai tempo di rifiatare. Giorni contraddistinti da vertigini alte e da grandi cadute, luci e ombre, in un continuo alternarsi fino all’epilogo da incorniciare.

Stoffa e talento –  L’esordio in maglia azzurra nell’anno di lì a poco terminato, forte delle spalle larghe di chi ha difeso, con ottimi risultati, pali reggono la storia del Brasile, la storia del calcio tutta. Il Santos, non una squadra qualsiasi. Le prestazioni contraddistinte da un livello sempre più alto, arrivando a impensierire nelle gerarchie anche un certo Pepe Reina, che a Napoli ha lasciato un ricordo che rapportato all’esigua permanenza è praticamente immenso. Il mese di gennaio trascorre così, sempre presente contro Sampdoria, Verona, Bologna e Chievo, a causa anche dei problemi fisici del portiere spagnolo. Rendimento in perenne crescita, sicurezza trasfusa ai compagni di reparto, qualità tecnica fra i pali, discreto con i piedi. Rafael rispecchiava a pieno le prospettive della dirigenza partenopea: un portiere dal gran potenziale, da far crescere nella prima stagione in Italia affiancato da un portiere dello spessore dell’ex Liverpool. Potenziale messo in mostra su un tappeto rosso, in tutto il meglio del suo repertorio nell’amara serata del Libery Stadium, Swansea, Galles.

Caduta – Quarantacinque minuti tra l’esaltazione e la rabbia. Tra l’adrenalina e lo sconforto più totale. Quello Swansea-Napoli di fine febbraio segna in maniera indiscutibile il 2014 di Rafael Cabral. Quasi quaranta minuti tenendo in piedi un Napoli in difficoltà contro gli uomini di Monk, ma tra gli affondi di Bony e compagni a emergere è tutta la qualità del portiere verdeoro. Una serie di interventi tra i più variegati, palesando una sicurezza ed un efficacia disarmante. Un portiere da stropicciarsi gli occhi, quella partita è lì, a testimoniare ad imperitura memoria di cosa è realmente capace il brasiliano. Poi l’abisso, quel movimento innaturale del ginocchio ed il baratro, quei momenti in cui tutte le certezze vengono meno, quando il tunnel per superare una rottura del crociato appare infinito. Percorso, lungo, intenso, quello del recupero. Vissuto assistendo all’epilogo stagionale azzurro, eliminazione in Europa League ai danni del Porto, trionfo in Coppa Italia e terzo posto in campionato.

Ardua risalita e trionfo – Terminata la stagione 2013-2014 il brasiliano scalda i motori. Freme per il ritorno tra i pali, forte della volontà della dirigenza azzurra: preso Andujar come secondo, titolarità salda tra le mani del brasiliano. Il ritorno in campo nella maledetta doppia sfida contro l’Athletic Bilbao, poi riecco la Serie A. Contro il Genoa all’esordio è serata da protagonista. Il brasiliano tra i migliori tiene saldo il risultato fino all’assolo di De Guzman. Da lì poi, costanti difficoltà, incertezze, difficoltà nel guidare la retroguardia partenopea. Il brasiliano sale, suo malgrado, sul banco degli imputati, l’ombra di Reina è ingombrante e ad ogni errore o incertezza viene riproposta, lì, presente, immancabile. Rafael tira dritto, forte anche della sicurezza, delle certezze che Benitez non ha mai fatto mancare al portiere partenopeo. Contro lo Sparta, a Praga, consegna la qualificazione agli azzurri con una serata delle sue. Retrogusto gallese, per certi versi. Un Napoli non impeccabilie viene tenuto in piedi dalle parate del brasiliano che a più riprese nega il vantaggio ceko e consegna la qualificazione alla truppa del tecnico spagnolo. Ma le critiche continuo a piovere, per ogni facezia, ogni minima insicurezza dell’ex Santos viene sempre scandagliata al microscopio. Tutto fino alla magica serata di Doha. Nella finale di Supercoppa italiana contro la Juventus Rafael appare impermeabile per 120 minuti. Tevez punisce due volte ma a più riprese il brasiliano evita la capitolazione, tutto fino al dolce epilogo dagli undici metri. Uno specialista, nel genere, Rafael. Prima cerca di innervosire gli avversari, il numero 10 della Juventus sbaglia, ma i bianconeri portano il Napoli ad oltranza. Poi due parate in sequenza, una comoda, su Chiellini, che ciabatta, non è il suo mestiere. Da antologia la parata decisiva, quella che consegna la coppa agli azzurri, rigore ben calciato da Padoin, un capolavoro di reattività e qualità pratica e stilistica la parata del brasiliano. La coppa dagli Emirati vira in direzione Napoli, e le mani del brasiliano appaiono pesantissime.

Voto: 7.

 

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