Napoli-Cagliari: “Uah! Che burdell’!”

“Contro il Cagliari c’è il pienone!”. Questa, la frase ascoltata più volte, prima di tornare al San Paolo, dopo due settimane di sofferenza e astinenza calcistiche. Giorni in cui abbiamo visto i nostri azzurri andarsene in giro per il mondo con una maglia che non era la nostra, li abbiamo visti esordire, gioire, segnare, giocare poco, giocare troppo, giocare il giusto, e anche svenire. Per fortuna, il belga sta bene, nel senso che la testa ce l’ha ancora sulle spalle e sa ancora come si chiama, ma resta indisponibile contro il Cagliari. E questa non è una buona notizia con cui avviarsi allo stadio. Unita ad un Lorenzo in stampelle con stagione praticamente finita, poi… Ascoltando la conferenza stampa di Benitez, leggendo i commenti tattici dei giornali, origliando le voci da bar e consultando il pendolino di Maurizio Mosca, c’erano mille soluzioni diverse: De Guzman dentro con una sostituzione semplice e naturale; oppure Ghoulam dentro con Britos sulla fascia, perché non dimentichiamoci che anche Zuniga è desaparecido; oppure Ghoulam sulla fascia e De Guzman al posto di Hamsik e Hamsik al posto di Insigne; oppure clonare Callejon e averlo sia a destra che a sinistra. Insomma, ‘nu burdell’! Ma per fortuna, il mister viene pagato per questo e lasciamo che sia lui fare il gioco delle tre carte.

Cerco di arrivare allo stadio ad orario decente, ma sembra che tutte le auto di Napoli e provincia si siano date appuntamento sulla mia strada verso il San Paolo. Strade intasate, incroci bloccati, tangenziale a rilento, sbarre dei caselli che si chiudono appena arriva il mio turno. Cerco di parcheggiare, ma neanche uno spillo troverebbe posto e allora mi accontento di fare due passi a piedi, lasciando l’auto praticamente sotto casa. Arrivo ai cancelli e c’è una fila che arriva praticamente fino all’auto che è parcheggiata sotto casa. Arrivo in curva e vedo subito un paio di amici che si sbracciano per farsi vedere, sormontati dai tanti tifosi richiamati dai prezzi bassi più che dalla sfida di cartello. Mi fanno capire che il mio solito posticino è al sicuro. Almeno non devo vedere la partita seduta in auto parcheggiata praticamente sotto casa. Che a quel punto salgo su e la vedo con papà. Salgo le scale, scavalcando montagne di sciarpe e zaini ed esseri umani fumanti qualsiasi cosa e finalmente sono al mio posto, tra i miei simili, salva dalla giungla che c’è fuori. Mi rilasso e penso: “Uah! Che burdell’!”

Qualche convenevole qua e là, saluto un amico che vedo per la prima volta quest’anno perché fuori per motivi di lavoro praticamente da maggio, due chiacchiere sui cinesi che ci comprano Messi e Simeone, quest’ultimo come giocatore, ovviamente. Un saluto ad Insigne che è in tribuna, un altro a Mertens di pronta guarigione e di presta libertà, tipo i saluti di Radio Nuova San Giorgio, e praticamente si è già al fischio d’inizio di Napoli-Cagliari.

… O Napoli- Palermo?!

Il parallelo è stato, per molti di noi, facile facile. Servito su un piatto d’argento. Quasi come il terzo goal ai sardi, grazie a Koulibaly in ultima istanza, ma solo a completamento di almeno tre errori precedenti di scelte e di passaggi.

Un sali e scendi di emozioni più che una partita, un giro sulle montagne russe più che 90 minuti di calcio. Segniamo noi presto, troppo per i nostri standard. Però riusciamo a fare il secondo. A quel punto pensiamo di poter tirare un sospiro di sollievo. Addirittura qualche impertinente grida a Gargano di tirare da fuori area. Magari questa domenica ci dice bene per qualsiasi cosa. Poi arriva il Messi della Sardegna, fa’ quello che vuole in area e segna il 2-1. Nell’intervallo abbiamo le facce un po’ meno rilassate. Sappiamo che un solo goal di vantaggio non ci fa stare tranquilli, soprattutto se il Cagliari cominciasse a giocare. Bene. Il Cagliari ha cominciato a giochicchiare e in una scena che sembra il gioco dello “scemo in mezzo”, vediamo Rafael andare a vuoto a destra e sinistra, prima di vedere il secondo goal del Cagliari dentro. A quel punto siamo disperati, tanto che qualcuno invoca Radosevic a centrocampo, qualcun altro vorrebbe spostare Henrique sulla fascia e mettere dentro Albiol, ho sentito persino qualcuno sperare nell’uscita di Maggio per infortunio. Poi mi chiedete perché adoro un San Paolo fatti di “pochi, ma buoni”. Comunque, resta il fatto, che noi il terzo lo abbiamo fatto. L’abbraccio, sollevata da terra dell’amico che s’inventa di tutto pur di venire da Verona per vedere la partita, l’ho avuto pure per la terza volta. Ma se, poi, gli regaliamo il terzo anche a loro, allora siamo proprio scemi. E torna in mente sempre la solita cosa: “Uah! Che burdell’!” Quello che ogni volta facciamo per segnare, per poi durare solo qualche minuto.

Ci salutiamo mestamente e vado via. Tornando all’auto, in un silenzio surreale come in un funerale, un bimbetto davanti a me, ignaro della pessima settimana che sta per cominciare per il suo papà, continua a cantare i cori da stadio appena imparati. Il papà gli accarezza la testa, come per suggerirgli che non è il caso. Lui va avanti a cantare imperterrito. Ed è lì che il papà, inconsapevolmente, si unisce al leitmotiv della mia giornata, e dice: “Uah! Che burdell’, guaglio’!” E aggiunge la perla dell’esame di realtà: “Manco avessimo vinto!”.

Già, non abbiamo vinto. Ma a me, il bordello del bimbetto che continuava a cantare, piaceva lo stesso.

Sempre Forza Napoli!

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