Mi ritorni in mente

Sognava di ripetere i miracoli al San Paolo, di far impazzire i tifosi, di proporre il suo calcio frizzante e spettacolare. Rimase 172 giorni. Poi, fu cacciato in diretta tv, da Ferlaino, Corbelli e Pavarese.

Erano i tempi del Napoli che vivacchiava, che lottava a metà classifica per rimanere nella massima serie. 2 punti in 6 giornate fu un bottino troppo scarno, anche per il bel calcio promosso da Zeman. Dopo il pareggio amaro di Perugia, con un rigore inventato e un gol regolarissimo annullato agli azzurri a pochi minuti dalla fine, fu proclamato l’addio al boemo.

Eppure l’entusiasmo non mancò. Era il 2000, erano i tempi delle maglie Nike e della scritta Peroni al centro. Erano i tempi della prima giornata di campionato al San Paolo contro la Juve: c’era Saber in difesa, Baldini, Fresi, Matuzalem a centrocampo, c’era Stellone in avanti, che siglò l’1-0 facendo tremare l’intero stadio. Ancelotti, poi, decise di fare sul serio. Via Conte, dentro Kovacevic. Finì 2-1 per i bianconeri. Da lì la serie negativa di Zeman sulla panchina azzurra.

Ripensando al Napoli di allora balza alla mente quante sono le differenze con la storia di oggi. E dove siamo arrivati. Siamo una squadra con i conti in ordine, un grande allenatore e, soprattutto, un’ambizione. Domenica prossima sarà comunque un’emozione accogliere il maestro boemo sul prato del San Paolo.

E qualche rimpianto, ammettiamolo, forse c’è. Mondonico, nel 2000, non riuscì a invertire la rotta. Tornammo in serie B alla fine di un campionato travagliato e pieno di sofferenza. Ma, ora, il vento è cambiato.

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