“Tanto gli faccio gol comunque”

In una improbabile classifica di gol che potremmo definire “alieni”, evitando così di utilizzare l’aggettivo improprio “impossibili” poiché d’impossibile il calcio ci ha insegnato che non c’è nulla, tanti sono i ricordi che affiorano alla mente, al punto che quasi ci vien voglia di prendere un foglietto ed una matita per appuntarne alcuni, ingannando così i vuoti di memoria che il tempo malandrino è in grado di distribuire sul nostro percorso. Ce ne sarebbero da annoverare, ma imagesBHAME9O6poi ci si rende conto che, in fin dei conti, quasi tutti hanno una sorta di logica balistica, una casistica piò o meno logica pertanto in grado di “umanizzare” l’accaduto. E’ capitato di dover applaudire alla grande prodezza e nulla più, di constatare che la fortuna ci ha messo lo zampino e che sfidiamo a ripetere quel gesto straordinario, oppure di interpretare un magnifico gol come il frutto di una espressione tecnica che induce a classificare nelle provvisorie posizioni migliori l’autore di tale capolavoro. Ma dovendovi raccontare l’inverosimile, appunto il “tocco alieno” del calciatore extraterrestre per antonomasia ci risulta anzitutto difficile trovare le giuste attenuanti a quanto abbiamo visto quel lontano 3 novembre 1985, in una insolita giornata napoletana uggiosa e grigia, quando la Juventus di Monsieur Platini faceva visita alla platea napoletana in quel del San Paolo, già la casa di Diego e della gioia del vivere di calcio.

Oggi è il compleanno di un’acrobazia, oggi ci va di festeggiare l’anniversario di una prodezza che forse mai più si vedrà nel calcio, una punizione talmente perfetta e ingannevole che forse neanche l’unione balistica di grandi “disegnatori di parabole“, da Zico a Platini, da Baggio a Beckham, da Juninho a Ronaldinho, da Cristiano Ronaldo a untitledPirlo, passando anche per l’adepto Zola, sarebbe in grado di ripetere. Come sempre, questo “barilotto atomico” deve sempre e comunque creare unicità nel suo genere. La gara sembra una di quelle destinate a trascinare con se sofferenza, sopportazione degli errori causati da scivoloni, fango e acqua saranno i principali protagonisti a discapito dei “piedini” fatati dei fuoriclasse, Maradona è avvisato. Ovvio sentire i tacchetti dei difensori, e non soltanto sulle caviglie di Diego si vedranno i segni delle difficoltà e della paura, anche i fuoriclasse bianconeri le prenderanno dai baluardi difensivi azzurri, per informazioni chiedete a Bruscolotti. Minuto 28, punizione a due in area di rigore della Juventus, situazione atipica per un tiro franco, poiché nonostante la vicinanza chiaramente ridotta, la stessa rende pressoché impossibile posizionare una barriera alla corretta distanza, ergo i 9,15 metri, diventano pressoché 5 metri, come asserirà anche il sopracitato “Pal ‘e fier” nell’intervista postuma che vedrete a piè pagina.

Ma c’è qualcosa di divino quel giorno, un segno mistico, nella sofferenza di un risultato ancora inchiodato sul pari, con la necessità di dover dare gioia alla gente sugli spalti accorsa a vedere il mito, svenandosi per comprare il biglietto del match che viene venduto quasi come un cimelio della guerra punica, con l’ansia di portare in alto una squadra piena zeppa di insuccessi e peripezie, a discapito di una compagine che è nata per vincere e non per soffrire come lo è la Juventus dell’Avvocato Agnelli e dei suoi successori, rampolli e predestinati nel segno della spietata necessità di non dare spazio alla sconfitta, non è da potenti abdicare, dgma la Juve, Trapattoni, Platini, Tacconi quel giorno hanno assistito al gesto di un uomo mandato sul manto erboso del San Paolo per costruire parabole celestiali, come lo sarà quel sinistro accarezzato, pennellato, spinto dal soffio di Dio, o di Diego, che quel giorno sembrava farne le veci. Tacconi è abbattuto, il gigante crolla senza sfera nella sua “manona” in grado di afferrare anche la luna, non il sinistro di D10s, palla nella rete impregnata di pioggia e tensione, la porta bianconera è violata, la gara sarà vinta per gesto sacro, senza scadere nel blasfemo oseremo dire che quel giorno il dio del gioco del calcio si è palesato alla gente e agli umani calciatori presenti, il miracolo balistico è stato disegnato, evviva il calcio, evviva Diego, evviva Napoli che veste i panni di Davide per sconfiggere il bianconero Golia. Bruscolotti rivelerà che il pibe de oro gli intimò di evitare di proseguire con le proteste all’arbitro per l’esigua distanza della barriera, “Tantodirà,gli faccio gol comunque“… Tutto ciò non fa altro che consegnare ulteriormente un alone di misticismo profetico alla parabola scritta e disegnata dall’argentino, il bambino d’oro.

 

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