La giustizia a orologeria colpisce ancora, ma la giustizia mediatica fa paura

La giustizia a orologeria ha colpito ancora. No, non stiamo parlando del pluriprocessato Silvio B e delle sue malefatte oramai storiche. Lo Stato, nella qualità della Polizia, ha finalmente deciso di intervenire dopo i fatti del 3 maggio scorso a Roma. A finire agli arresti domiciliari sono stati gli ultrà azzurri, capitanati da Gennaro De Tommaso, detto a’ Carogna.

Lo sappiamo bene e lo sappiamo tutti. Ma in tanti, ancora, non conoscono l’altro lato della vicenda. Prometto che è l’ultima volta che ne parlo, perché si è speculato fin troppo su Napoli e i napoletani. Potremmo fare un elenco da qua a domani su cosa succede a Napoli e cosa succede nelle altre città, ma servirebbe a poco. Gli episodi di criminalità, violenza e corruzione sono diffusi al sud tanto quanto al nord. Purtroppo.

Il guaio è che a Napoli tutto viene visto sotto una lente diversa: tutto viene ingigantito, nel bene e nel male. Ma quando lo fanno anche le Istituzioni, allora, c’è da preoccuparsi. Perché dopo i fiumi di inchiostro spesi ad accusare – o a difendere – Gennaro De Tommaso, dopo le pagine dei giornali ammucchiate a descrivere la famosissima Trattativa tra il capo ultrà e i giocatori, dopo le pagine facebook e le ironie sull’ok, sulla Carogna con le mani aperte a dare il via alla partita, è arrivato il momento di dire basta.

Siamo abbastanza stanchi dell’ipocrisia tutta azzurra che circonda il popolo partenopeo. Forse nessuno, o in pochissimi, hanno visto i dirigenti viola, durante la notte dell’Olimpico, dirigersi sotto la curva dei propri tifosi, e capire cosa stava accadendo. Non era una Trattativa anche quella? Perché nessuno ne parla? Perché ci si concentra solo su Napoli, sui napoletani, sempre, comunque, ovunque?

Chi ha sbagliato è giusto che paghi. Punto. Ma siamo stanchi dell’ipocrisia che vieni fori ad ogni episodio. Perché, se anche l’obiettività non esiste, ci sono modi e modi di raccontare. E, spesso, non esiste solo una versione dei fatti.

Raffaele Nappi

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