Prontuario dell’orgoglio partenopeo, nomi e storia breve dei calciatori azzurri con la maglia dell’Italia

Nonostante il non idilliaco momento del rapporto odio/amore instaurato con Napoli e i napoletani, inauguriamo la settimana con una puntata di “Qui fu Napoli” dedicata a ciò che in passato era sinonimo di onorificenza e gratitudine, ovvero la tanto agognata e sperata convocazione in nazionale, ovvio che l’assist ci è stato fornito dal primo match ufficiale della nazionale di Conte in programma domani contro la Norvegia. L’Italia, ove mai fosse in discussione, ha avuto picchi patriottici di spessore, basti pensare agli anni in cui storicamente essere parte della nazionale era sinonimo di supremo prestigio, quasi come se la convocazione fosse il battesimo di una nuova, importante carica istituzionale capace di rappresentare la propria squadra di club, quindi la città per cui si difendevano i colori.

Ad inaugurare la lista dei “magnifici” furono Marcello Mihalic e Attila Sallustro il 1º dicembre 1929 contro il Portogallo. La partita terminò 6-1 e tre gol furono realizzati dai due azzurri (due da Mihalic, che divenne anche il primo a segnare in Nazionale, ed uno da Sallustro). Nonostante l’ottimo debutto e le cavanproiezioni future più che rosee, entrambi non furono convocati per il mondiale a cui l’Italia prese parte in maniera vincente nel ’34, dove a rappresentare i colori partenopei fu il secondo portiere Giuseppe Cavanna, mai subentrato al posto del titolare Combi. Dopo questa sparuta rappresentanza di calciatori azzurri in nazionale non se ne vide l’ombra per un po’, vuoi per i periodi non propriamente positivi per la società partenopea, ma anche e soprattutto per una tendenza a preferire calciatori in rosa alle più quotate ed esperte squadre del nord in cui i nomi di prestigio erano in grado di forgiare meglio le nuove leve da offrire alla patria, piuttosto che assecondare l’obiettività e scendere nelle rischiose fauci della eccessiva meritocrazia.

Morale della favola soltanto negli anni ’60 Antonio Jiuliano e Dino Zoff riuscirono a riportare l’onorificenza nazionale nel club azzurro, riuscendo peraltro ad essere anche vincenti nell’europeo del ’68 ed ottenendo un ottimo 2° posto nel famigerato mondiale messicano del ’70 abdicando in finale al magico Brasile di Pelè. Ciononostante, per ciò che riguarda Juliano, l’ombra di Mazzola e Rivera non gli consentì mai di essere protagonista con la nazionale, risultando molto spesso comprimario, riserva di lusso, ottimo elemento su cui poter contare jusolo in caso di bisogno, anche se avrà il merito di aver partecipato anche ai mondiali del ’66 e del ’74 anche solo da semplice “convocato”. Zoff, d’altro canto, spiccò il volo in nazionale alla luce della sua partenza sponda Juve, ma darà di certo la meritata riconoscenza ai suoi trascorsi napoletani. Una presenza di Stelio Nardin con la maglia della nazionale, nel ’67 in un Italia-Portogallo in cui prese il posto dell’infortunato Burgnich si segnala come ultima vedetta in nazionale per quanto riguarda la causa napoletana. L’europeo dell’80 coincide con la convocazione di Mauro Bellugi, anche se tracce indelebili non ne ha lasciate a memoria d’uomo, va comunque il plauso al calciatore per il traguardo raggiunto.

La “Golden Age” napoletana, quella di fine anni ’80 coincide col boom di convocazioni, che non si dica che Diego Maradona fu capace anche di questo, non per rubare il merito ai convocati, per carità. A rappresentare il sodalizio partenopeo nelle spedizioni azzurre al Mondiale 1986, all’Europeo 1988 e al Mondiale 1990 si alternarono Salvatore Bagni, Fernando De Napoli, Ciro Ferrara, Giovanni Francini, fer fraFrancesco Romano e Andrea Carnevale, mentre Luca Fusi e Massimo Crippa vestirono la maglia della Nazionale in alcune amichevoli. Dopo quel periodo nessun giocatore del Napoli fu più chiamato per la fase finale di un Europeo o un Mondiale, ma solo per gare di qualificazione alle stesse competizioni, oppure amichevoli (Ciro Ferrara, Gianfranco Zola, Fernando De Napoli ed ultimo Angelo Carbone, convocato nell’ottobre del 1992).

Il declino e il fallimento allontanarono per circa quindici anni i calciatori azzurri dalla maglia della nazionale, incantesimo spezzato da Paolo Cannavaro nell’ottobre del 2007 per l’amichevole contro il Sudafrica, a cui tuttavia non vi prese parte. Proseguiranno la nuova era di frange azzurre convocabili Christian Maggio per l’amichevole contro la Grecia del 19 novembre 2008, a far terminare il lungo periodo di 16 anni in cui nessun imagesO9Y95JW1calciatore del Napoli era sceso in campo la maglia della Nazionale, subentrando nel corso del match a Mauro Germán Camoranesi. Del resto, in gare ufficiali, a cancellare le infauste assenze sarà Fabio Quagliarella nella gara contro la Georgia valevole per le qualificazioni ai mondiali 2010. Lo stesso Quagliarella, insieme a Christian Maggio e Morgan De Sanctis, venne poi convocato per il Mondiale 2010, 20 anni dopo l’ultima volta che il club partenopeo aveva avuto suoi rappresentanti tra le file azzurre nella fase finale della massima competizione internazionale, oltretutto Quagliarella avrà il merito di segnare il primo gol di un calciatore partenopeo ad un mondiale, mettendo a segno l’inutile gol del 3-2 che vedrà la Slovacchia battere l’Italia di Lippi.

Il 2 settembre 2012, all’età di 21 anni, il CT Cesare Prandelli convoca per la prima volta in Nazionale maggiore Lorenzo Insigne, l’ultimo “magnifico” per le imagespartite contro Bulgaria e Malta, valide per le qualificazioni al Mondiale 2014. Esordisce l’11 settembre successivo nella partita di Modena contro Malta, subentrando nell’intervallo della gara ad Alessandro Diamanti. Il suo primo gol all’Argentina nell’amichevole di agosto all’Olimpico di Roma. Quel mondiale, quello brasiliano, infausto e poco edificante, Insigne ci prenderà parte per qualche scampolo di gara, risultando solamente una delle tante mine vaganti del torneo. Domani, ad Oslo, Maggio rappresenterà Napoli anche se partendo dalla panchina, evidenziando il bisogno di vedere nuovi altri volti provenienti dal Napoli in grado di rappresentare al meglio lo spessore di questa squadra e di questa città, forse potrebbe essere l’unica medicina in grado di guarire il “mal di nazionale” che attanaglia da sin troppo tempo il popolo azzurro.

 

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