Tre domande per De Laurentiis

Le sconfitte fanno parte dello sport, non sono certamente piacevoli da mandar giù per i tifosi, ma è importante accettarle e approfittarne per riflettere sugli errori e capire come ripartire e migliorare, per questa ragione riteniamo di porre tre domande al Presidente del Napoli, De Laurentiis.

Caro Presidente, lei ha sempre detto di considerare il Napoli come un’azienda. Bene. Allora adesso ci piacerebbe conoscere il piano industriale della società per i prossimi 5/10 anni, ci riesce?
[La trasformazione delle società calcistiche in aziende è figlia del tempo, ma questo presuppone di adeguarsi quindi a modelli aziendali di organizzazione gestione. Una società di alto livello non può avere un organigramma così ristretto tra responsabili e dipendenti (meno di 20 persone). Come si può sviluppare il lavoro della società in tutti i settori con così poche risorse?
Sono forse sciocchi gli altri club che invece contano molti più dipendenti per curare e portare avanti gli interessi dell’azienda calcio?]

Il suo modello imprenditoriale a dimensione familiare si sta rivelando inadeguato per un club della dimensione del Napoli, a quando l’assunzione di manager di alto profilo per la direzione della società?
[Caro Presidente, proprio a lei che ritiene fondamentale l’equilibrio economico dell’azienda dovrebbe essere chiaro come sia necessario dare alla società una direzione adeguata, si dovrebbe avere professionisti come l’amministratore delegato del Dortmund Watzke, capace in dieci anni di raddoppiare il fatturato della società tedesca, oppure il nuovo AD dell’Inter Bolingbroke la cui carriera è ricca di successi gestionali. Un bravo imprenditore deve saper fare anche un passo indietro quando il lavoro è oltre le proprie capacità, non trova?]

Senza investimenti non si può mai crescere, quali investimenti avete in programma di fare nel breve e medio periodo?
[Non se ne esce. Vale per qualunque azienda e anche per le squadre di calcio, senza investimenti, senza innovazione, senza ricerca non si va lontano. Per investimenti non intendiamo certo quelli sul mercato calciatori ma quelli per le strutture della società, il centro sportivo, le giovanili, lo stadio. Ma c’è di più, squadre inglesi come il Leicester o l’Everton  (non esattamente Real o Manchester) aprono negozi in Asia per promuovere il proprio marchio e migliorare la vendita dei propri prodotti. E il Napoli? L’internazionalizzazione si ferma al webstore?]

Andrea Iovene
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