Caso Esposito, De Magistris: “Paghi chi non ha garantito la sicurezza”

Ventimila, forse trentamila, forse anche di più. La piazza Giovanni Paolo II, ribattezzata ieri dalla gente di Scampia piazza Ciro Esposito, non ce la faceva a contenere i giovani e i meno giovani, i tifosi e chi di sport non capisce niente, gli uomini con i bambini sulle spalle, le ragazze abbracciate ai fidanzati, i ragazzetti dei club giovanili di calcio, i napoletani, i milanesi, i palermitani, gli abruzzesi, i beneventani, i sardi e tutte le delegazioni arrivate dal Nord e dal Sud per salutare il tifoso ammazzato a Roma e rendere omaggio alla sua famiglia. C’era anche Gennaro De Tommaso, passato alle cronache come Genny la Carogna e ha reso omaggio a Ciro insieme ai tanti tifosi. E poi c’è la gente di Scampia: tanta, tantissima, in corteo o affacciata alla finestra, orgogliosa di ripetere, e lo fanno in tanti: “Io sono del quartiere di Ciro e come lui sono una persona onesta”.

A tutti dà voce il sindaco De Magistris che davanti alla bara dice tra gli applausi: “Oggi nel cuore e e nel corpo di ogni napoletano c’è Ciro. La fierezza, la dignità e il coraggio della famiglia di Ciro hanno fatto capire all’Italia come ci si comporta. Siccome Ciro era di Scampia hanno detto che siamo tutti brutti, sporchi e cattivi. Oggi la verità sta venendo fuori: no all’odio e alla vendetta. Si alla giustizia. Ora deve pagare anche chi a Roma non ha garantito l’ordine pubblico”.

Sotto il sole che non perdona c’è chi si sente male, chi a spintoni riesce a trovare un angolino, chi si sistema ai bordi della strada. Molti aspettano per ore. Poco dopo le tre la bara, nascosta dalle sciarpe portate dai supporter delle squadre di calcio di mezza Italia lascia la camera ardente portata a spalle dagli amici del ragazzo accompagnata dal coro: “Ciro uno di noi”. Nella confusione generale la cerimonia con il rito evangelista voluto dalla famiglia non riesce a cominciare e solo quando Antonella, la mamma di Ciro prende la parola e tuona: “Questo è il momento della preghiera” partono i canti e le letture. La parola passa al pastore evangelico: “Ragazzi non siate animati da sentimenti di odio e vendetta. Allo stadio portate bandiere e fischietti, non spranghe. Momenti come questi non si devono ripetere in nessuna città italiana. Mandiamo questo messaggio: Napoli è una città d’amore”. 

Il presidente del Napoli, De Laurentiis spiega: “In questa Italia scorretta, in questo Paese corrotto, da questo luogo così difficile come Scampia, mamma Antonella non ha perso nella tragedia i veri valori morali. Il 3 maggio mi chiesero di portare la coppa vinta contro la Fiorentina alla famiglia di Ciro. Ma che contava quella coppa? Niente, quella sera è morto il calcio italiano. In nome di Ciro deve ripartire la riscossa civile”. Nino D’Angelo saluta Ciro cantando “Noi ragazzi della Curva B”, e la folla fa il coro.

E’ la volta di Giovanni Malagò, presidente del Coni: “Un ragazzo che non conoscevo mi ha avvicinato per dirmi: “Bravo presidente che sei qui, sei un uomo con le palle”. Ma non sono qui perchè ho le palle ma il rispetto. Rispetto a Ciro, a quello che rappresenta, cioè tutti voi. Rispetto a un gigante della vita: mamma Antonella. Lei ha dato una lezione di vita in tutto”. E poi annuncia che ci sarà un premio Ciro Esposito per chi onorerà al meglio i valori della vita.

Fonte: Il Mattino

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