L’editoriale di Deborah Divertito: “Considerazioni postume…”

Ieri mi sono ritrovata per l’ennesima volta a parlare con amici e parenti di tifo violento e stadio che fa paura alle persone “normali”. E mi sono ritrovata a chiedermi: “ Ma io sono anormale?”. Domanda legittima e altrettanto provocatoria. Ma non è questo il punto.

Tutta la discussione è partita da un: “Ah! Come sarebbe bello se anche in Italia tutti i tifosi di una squadra applaudissero gli avversari in campo, sportivamente, com’è successo recentemente in Spagna”. Vero. Verissimo. Poi penso agli applausi che i tifosi napoletani hanno rivolto alle squadre in campo in occasione di partite all’estero, a cui ho assistito. A come, ad es., a Manchester ci siamo presi bonariamente in giro per tutti i 90 minuti, per poi applaudirci a vicenda, separati solo da una fila di steward. Veri steward. E all’improvviso capisci che il problema non è il tifoso in quanto tale, ma la società italiana in cui è il tifoso italiano è perfettamente inserito. Intorno al calcio, si ripetono le stesse dinamiche sociali che abbiamo intorno a noi tutti i giorni. I “pochi” che fanno più rumore dei “molti”, la sopraffazione del più egoista e di quello che si crede più furbo, il senso di disadattamento di chi vuole rispettare le regole e sa vivere solo in questo modo, gli interessi economici che governano il tutto, la strumentalizzazione e la cattiva informazione, la pessima gestione delle manifestazioni sportive e della logistica dei grandi eventi, dall’ingresso negli impianti al trasporto tifosi ospiti alla sicurezza sugli spalti, il senso di appartenenza ad una città piuttosto che ad una nazione. E il Mondiale, ne sono abbastanza convinta, non aiuterà in questo senso. Forse la presenza di Insigne, per i tifosi azzurri, potrà mitigare la distanza dalla nazionale italiana, per poi far tornare tutto come prima il 31 agosto, data della prima di campionato.

Un’amica, ad un certo punto, ha chiesto perché se vado a vedere il pattinaggio tutto ciò non succede. So che ognuno di voi ha una risposta ben precisa da darle, che ognuno di voi potrebbe parlare per ore ed intavolare discussioni senza fine sulla questione, so che qualcuno di voi lo farà pure. Magari proprio sotto quest’articolo, che, però, non ha la pretesa di cambiarvi la vita o la giornata, ma solo condividere con voi la spensieratezza di una serata tra amici, qualcuno tifoso e qualcuno meno qualcun altro per niente che non capiva neanche di cosa stessimo parlando, di inizio giugno. Quando il campionato è ormai chiuso, si parla di calcio mercato ancora senza convinzione e a pochi giorni dall’inizio del Mondiale. E allora diventa facile vedere meglio dall’esterno tutto il sistema in cui sei inserito e sentirti, sempre appassionato, ma solo un po’ più stupido e meno furbo. Chiamatele, se volete, considerazioni postume di un anno difficile. Io so solo che, forse, devo prendermi una vacanza.

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