L’editoriale di Ivan De Vita: “Hanno perso tutti. Ma Napoli no”

Fiumi d’inchiostro e di retorica. Cinque giorni in cui chiunque si è arrogato il diritto di giudicare, distinguere, sentenziare. E la maggior parte di essi non avevano l’imparzialità nè le capacità analitiche per bacchettare chicchessia dopo i vergognosi fatti di sabato scorso a Roma. Ma l’Italia è famosa per essere il Paese delle chiacchiere barricate in un vicolo cieco. Se poi il tema centrale è il calcio, impazza il coinvolgimento emotivo e stride con la rassegnazione con la quale si assiste allo stato di paralisi politico-economica in cui versa il Paese.
Perbenismo da libro Cuore. Tutti a difesa della propria nicchia. La politica raccoglie affranta i cocci della sua dignità. La giustizia rammenda maglioni usati, ma visto il risultato conveniva gettarli via. I media producono confusione e sterili sensazioni, s’incartano su sè stessi e perdono di credibilità. Gli ultrà difendono gli ultrà, a tutela di un “partito” forte e collaudato. L’Italia intera, Roma in primis, si abbatte su Napoli e sulla sua “Gomorra”, con la mano al petto e cantando “Fratelli serpenti”. Napoli stessa prova a districarsi dal suo cancro, continuando a soffrirne l’eco e le potenzialità invasive. La gente comune urla alla vergogna, si lascia incantare dagli stereotipi prima di approfondire i rumors, perchè inveire su un corpo già straziato è più agevole di una copiosa autocritica.
Nessuna vincitore. Solo tanta tristezza. Dalle mie parti, nel profondo nord dell’Europa, così come in altri Paesi, regna sovrana l’italian shame (vergogna italiana) e la convinzione (come dargli torto) che in Italia tutto è “controllato”, manipolato, finto. “This is no football“, era la reprimenda dei miei colleghi. Perchè in Irlanda dopo una giornata di sport, le tifoserie rivali finiscono a cantare ed ubriacarsi insieme nel primo pub. E se c’è qualcosa color oro che ti trapassa il petto, è solo il malto della dodicesima pinta.
Recuperiamo la coscienza collettiva, ormai sepolta da attriti, pregiudizi e menzogne decennali. Nel calcio, inghiottito dalla melma, è tutto più complicato. Il business ha messo a tacere tutti i valori, ad accendere lumini poi è chiaro che subentra il malaffare. La filosofia dell’ultrà, con tutto il rispetto, non la condivido. Ricatti, minacce, futile solidarietà interna che fa da contraltare alla perenne sete di vendetta, le cosiddette “zone franche” degli stadi dove tutto è consentito e le istituzioni latitano. Malgrado tutto ciò, un Daspo di 5 anni per aver indossato una maglietta offensiva (e certamente lo era) è un ulteriore affronto alla nostra Costituzione, allo stato attuale non proprio necessario. Basta con i sensazionalismi. Ridimensionare il tutto è d’obbligo.

Gioisci Napoli, non sei tu la carogna. Gioisci nel momento in cui la macchina del fango ti colpisce in pieno viso ma non è in grado di mandarti al tappeto. Gioisci del tuo Napoli, di quel Lorenzino che porti grembo e dello sconfinato cuore del tuo popolo, sempre pronto a lottare a propria difesa. Lascia agli altri l’onere di insultarti, l’effetto boomerang è dietro l’angolo. Cammina per la tua strada e liberati dai macigni che indossi. Mentre gli altri annaspano, tu vinci!

Ivan De Vita
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