L’incoronazione di Insigne sotto gli occhi di Prandelli. Ora il Mondiale non è più un sogno!

Un palco steso sul prato e uomini di bianco vestiti che saltellano, baciano medaglie, alzano la Coppa. È la seconda volta che il Napoli alza al cielo di Roma, dal 2012, a oggi il trofeo nazionale. La notte senza luci, dove persino la Coppa a bordocampo riflette di meno vicino a Lorenzo Insigne. È stata la sua notte magica, la sua notte dei sogni. «Una grande gioia, non sto nella pelle: Napoli è nel mio cuore e nella mia testa», spiega felice abbracciando chiunque gli passi vicino.
Insigne colpisce nella serata in cui si scrive la storia. Quelli che cercano l’ultima occasione sono quasi sempre soli. Lo è anche Lorenzo, già nel riscaldamento prima che la partita cominci: se ne sta in disparte, come per mettere prato e aria tra sé e gli altri, tutti. Lo guarda dall’alto il ct Prandelli venuto qui per togliersi gli ultimi dubbi, se portarlo o meno in Brasile. La risposta la trova, per caso la cercasse sul serio, alle 22,01, dopo che il piccolo fenomeno di Frattamaggiore mette a segno il suo secondo gol in 16 minuti. Insigne, quest’anno, non era riuscito mai a vivere, e a decidere una partita, come avrebbe voluto e forse dovuto. «Con Benitez mi trovo a meraviglia, vorrei vincere tanto con questa squadra perché è un gruppo favoloso».

Giocare da soli, da napoletano, contro la Fiorentina e il suo primo trofeo da vincere. A 22 anni. La notte speciale di Lorenzo. Solo, anche nel senso della bellezza: il dovere di fare gol non è il suo, ma a lui mancava da morire la rete. La cosa non lo spaventava, certo. Perché non può esserlo uno che di gol ne ha fatti sempre tantissimi nella sua giovane carriera e che solo quest’anno ha un po’ rallentato. «Io sono un attaccante ed è ovvio che mi piace fare gol. Ma quello che conta è vincere. E stasera ci siamo riusciti».

Insigne aveva tanta voglia, tantissima. Perché di mestiere fa l’attaccante e non il rifinitore. Eccolo Lorenzo. Lui non incarna ideali estetici, però è magnifico lo stesso. Non sta fermo un attimo, e il suo cuore pompa non solo sangue ma la certezza che mai niente è perduto. E segna, accidenti. Finalmente torna a farlo. Due gol. E poi applaude l’inno prima della partita. Nonostante i fischi dello stadio. Lorenzo non smette mai di farlo. La notte di Lorenzo è favolosa. Come lo è stato il giorno del suo secondo incontro con Papa Francesco: aveva già ascoltato le sue parole prima di Italia-Argentina. Lo ha rifatto venerdì mattina. Con lo stesso, medesimo risultato: ha fatto di nuovo gol. Sì, proprio come nella serata dell’amichevole di Ferragosto. Un gol spettacolare, quella volta.
Il primo colpo è già il segnale della notte da raccontare al figlio Carmine, quando diventerà un po’ più grande: un minuto e mezzo, prende la palla e la calcia a giro. Sul primo palo ma il brasiliano della Fiorentina respinge in angolo. Ma sarà una delle poche omissioni di una notte piena invece di coraggio e autorevolezza. Perchè segna, Lorenzo, ma poi fa tutto il resto che gli chiede Benitez: corre come un ossesso, tampona Tomovic, spinge. «Questo stadio mi porta bene» aveva detto prima di giocare e ripetendosi dopo. Due anni fa lui qui non c’era. Era ancora a Pescara, da Zeman, che ieri era qui a vederlo.

Fonte: Il Mattino

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