A Novi Sad l’ultimo saluto a Vujadin Boskov

Si sono svolti oggi nella città serba di Novi Sad, a pochi chilometri dalla natale Begec dove è stato sepolto, i funerali di Vujadin Boskov. La funzione ha avuto luogo nel centro sportivo della Vojvodina di Novi Sad a lui intitolato, presenti, oltre alle istituzione locali, il presidente della Federazione serba Karadzic e il presidente della Stella Rossa di Belgrado Dzjajic. Non potevano mancare le delegazioni dei due club dove Vuja ha raccolto i suoi maggiori successi, Real Madrid e Sampdoria. Butragueno e Camacho per i blancos, Mihajlovic, il team manager Aiazzone e l’ex presidente Enrico Mantovani, figlio di Paolo presidente del primo e unico scudetto blucerchiato vinto con il serbo alla guida, per la Samp. Ad aggiungersi alla folla commossa anche Dejan Savicevic, attuale presidente della federazione montenegrina , Katanec, centrocampista sloveno della Sampdoria campione d’Italia, ed un drappello di tifosi doriani, che hanno testimoniato il proprio affetto nei confronti dell’indimenticato mister con un suggestivo striscione.

Fatta eccezione per la Sampdoria, club a cui era ovviamente più legato, non c’era nessun’altro rappresentante del calcio italiano, un’assenza pesante, per un tecnico che al nostro movimento ha dato tantissimo, e non solo dal lato tecnico. L’ultimo saluto ad un grande uomo di calcio, per il quale parlano i numerosi titoli vinti in carriera, a cui soltanto una bordata di Koeman tolse la gratificazione più grande, la vittoria della Coppa dei Campioni con la sua Sampdoria. Un gran personaggio, un antesignano del tecnico mediatico, che sapeva accollarsi tutte le pressioni per favorire i propri ragazzi. Una mediaticità, va detto, molto più genuina di quella che troppo spesso ci viene propinata negli ultimi tempi, accompagnata da quel sorriso e da quell’ironia che ne hanno fatto un’icona degli anni 80/90, lontana anni luce dagli isterismi e dalle polemiche dei giorni d’oggi. Se ne va un pezzo di storia, simbolo di un calcio che, ahinoi, non tornerà mai più.

Edoardo Brancaccio

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