L’inno rap del Napoli affidato a Clementino: “E’ già pronto, manca solo l’ok del presidente De Laurentiis”

Ieri su queste pagine Rocco Hunt, nel ringraziare Aurelio De Laurentiis per l’invito a scrivere un inno rap per il Napoli, aveva rifiutato dicendo: «Non sono un tifoso». Per suggerire, poi, al presidente: «Senta Clementino e ‘Nto, loro sono perfetti per infiammare il San Paolo». Ma il loro «aspirante inno» i duo capocannonieri dell’hip hop newpolitano l’hanno addirittura già scritto, insieme con i Sangue Mostro – supergruppo old school in cui militano Speaker Cenzou, Dj Uncino, Ekpso e Ale Zin – e Emiliano Pepe. È forte, «spacca», spiega Clementino facendolo ascoltare in anteprima, «l’abbiamo anche già proposto al giro delle curve ed è stato accettato, manca solo De Laurentiis, lui ancora non lo conosce, dobbiamo mandarglielo». Titolo, Cleme? «Inno del Napoli, per ora, se sono rose fioriranno e verrà anche il titolo giusto». Mica facile sostituire «’O surdato ’nnammurato». «Impossibile, però quella canzone in chiave sportiva è travisata, è il canto dolente di un amore di guerra, è una melodia straziante con parole struggenti, trasformate in un inno tout court all’amore e, quindi, a una squadra che per molti è ragione di vita, amore, passion eterna». «È la storia della nostra vita», rappate, infatti. «Io sono un tifoso vero, accanito, ma c’è gente per cui è l’unico raggio di sole possibile». «Con il sole nella formazione/ e adesso sbatti i raggi su questa canzone», dite ancora.

«Inizia Emiliano, poi arriviamo noi a turno, i Sangue Mostro si dividono la loro strofa in tre parti. Alterniamo italiano e dialetto, le nostre due lingue, siamo cosmopoliti al San Paolo, lo sa pure l’Unesco». Il tuo flow batte molto sull’orgoglio napoletano, sul neapolitan power. «Sì e c’è un azzardo. Cito Diego Armando Maradona, ossia il supremo, e Massimo Troisi, da sempre il mio idolo personale; cito Nino D’Angelo, che un inno per i ragazzi della curva B l’ha già scritto, e Pino Daniele, che un inno per la città l’ha già scritto con ”Napule è”. Dicevo un azzardo perché aggiungo il mio nome al loro, ma è una di quelle spacconerie che nell’hip hop si usano, un po’ per gasarsi e un po’ come autoironia. Con ’Nto e gli altri speriamo di aver fatto un lavoro onesto, sono grato a Rocco Hunt per aver suggerito il nome mio e di ’Nto, Rocco è davvero ”fratm”, ma è strano invitare un salernitano a scrivere l’inno per il Napoli, mentre è sacrosanto comprendere che nel 2014 il rap è il ritmo e il flusso di parole giusto per incalzare i giocatori verso la vittoria di nuovi scudetti e nuove coppe. De Laurentiis sa del nostro progetto, ne parlammo a un pranzo, poi lo ribadii a ”Quelli che il calcio”, ora è pronto, aspettiamo solo il suo giudizio prima e, nel caso, quello dei tifosi». «Partenope è nel sangue/ è dNA», rappate. «È così evochiamo la città più che la squadra, convinti che le due cose coincidano. ”Napoletano/ c’è un signore che mi chiama così” canta all’inizio Emiliano Pepe. Ecco, il nostro inno, anzi il nostro aspirante inno è flusso di parole e di orgoglio, è pensato per incitare gli animi e le folle, anche se, mi auguro molto raramente, potrà essere usato anche per consolarle in vista della prossima vittoria».

FONTE Il Mattino

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