Una partita da fine stagione

Arriviamo alla partita di Napoli-Lazio con alcune certezze, tra il matematico e il quasi matematico, che a fare due conti non ci vuole poi molto: il terzo posto e nulla di più, venti giorni alla finale di Coppa Italia, poco più di un mese alla fine del campionato, solo altre due partite in casa e, ancora una volta, i biglietti quasi regalati per continuare a vincere almeno il primato di affluenza allo stadio. Sui giornali si parlava di stadio da record, ma a dir la verità in curva stavamo belli larghini. Comunque, Napoli-Lazio ultimamente ci ha regalato sempre un bel po’ di goal, tanto che ricordiamo ancora la trasferta di quest’anno con il 2-4 rifilato in maglia gialla. Stavolta i gialli sono loro, probabilmente pensando che sia il colore a determinare la vittoria. Errore fatto anche da noi quest’anno. Ma, per fortuna, la follia è durata poco.

Avviso tutti che arrivo tardi, giusto per il fischio d’inizio, che ho altro da fare in una domenica post-baldoria e infatti…sono allo stadio poco più di un’ora prima. All’ingresso una steward simpaticissima mi invita a farle vedere lo zaino, io sono pronta ad aprirlo per farle vedere, come al solito, il contenuto, lei lo guarda, lo sfiora e dice: “Già ho visto, è tutt’ apposto!”. Capisco che hanno dotato gli steward di occhi a raggi X. Eccellente! Ringrazio, rimetto lo zaino in spalla e volo verso gli spalti, già sapientemente occupati dal mio gruppo. Neanche prendo posto e comincio a salutare che già mi chiedono soldi. Realizzo che tra venti giorni c’è la finale, che questa è l’ultima in casa prima della finale e che s’adda paga’ ‘o pullmàn! Comincio a entrare in clima pre-partita, ma della finale. Pago ciò che devo e me ne vado in giro per la curva a salutare un po’ di gente. Anche un infiltrato di curva A che ha voluto provare per una volta l’ebbrezza del silenzio della B o, peggio, dei canti e contro canti dei diversi gruppi della B che hanno deciso di dividersi. Anche nel lancio di cori. L’impasse è evidente e vedere una curva così fa veramente male. Il giorno dopo mi sono rifatta riguardandomi una decina di volte l’Anfield e il suo “You’ll never walk alone”. Il sostegno e la passione, al di là delle parole. Non nascondo che sogno uno stadio così.

Ma nel frattempo sono al San Paolo, in campo c’è il mio Napoli e dall’altro lato l’ex Reja che si becca applausi  a profusione. La differenza con altri ex allenatori è evidente. Si raccoglie ciò che si semina e noi siamo pronti a dimostrarlo.

Quando i giocatori entrano in campo, si respira l’aria da fine campionato. Sugli spalti poco incitamento, in campo poca motivazione, in cielo poco sole. Neanche a pensare: “A saperlo, me ne andavo al mare!”. Cosa che non avremmo, comunque, mai fatto. Ed è chiaro che arriva il goal loro. La prima cosa che si sente è irripetibile, la seconda pure, la terza è: “Uah! Saltare Albiol ormai è diventata ‘na pazziella!” Immagino che in allenamento ci riesca persino Insigne. Per l’occasione, con la fascia da capitano. Sarà stato un onore per lui e una sorpresa per noi. Il piccoletto, però, ha portato bene. L’altro piccoletto, come sempre, fa meglio. Rimette il Napoli in sesto con un gran goal, poi si  procura il rigore nel secondo tempo e l’espulsione dell’avversario. Il Pipita ricorda la sensazione di mettere un pallone dentro e decide che quel pallone dev’essere suo. E’ stato bello vederlo esultare in quel modo al terzo goal. Si vede che quel pallone gli piaceva proprio. Sul 3-1 gli spalti sono diventati un centro scommesse. Chi aveva giocato il 4-1, chi il 3-1, chi il 4-2. Praticamente, eravamo tutti in ansia, ma non per la partita. Sul secondo goal della Lazio, bestemmie a parte e sguardo all’orologio per soffrire gli ultimi dieci minuti, perché non sia mai detto che andiamo via senza aver avuto prima n microinfarto, eravamo dispiaciuti per chi aveva giocato il 3-1 e il 4-1, ma speranzosi per il 4-2. Chi ci era accanto, avrà notato l’esultanza un po’ troppo smodata e avrà pensato ad una prova generale per il 3 maggio. Sta di fatto che queste ultime partite senza mordente non mi piacciono un granché e, allora, tocca godersi la compagnia e gli ultimi scampoli di giocate da campione. Ci salutiamo tutti augurandoci buona resurrezione e dandoci appuntamento a sabato 3 maggio. Che quella coppa torni a Napoli e che quella supercoppa contro la Juve sia, poi, vendicata.

Mentre torno alla macchina, due ragazzi africani suonano le percussioni e cantano gioiosi con la maglia azzurra del Napoli. E la saggezza di un tifoso: “Finalmente, Zapata ha capit’ c’adda fa’!”. 

Sempre Forza Napoli!

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