Il Napoli pensa a una tournée in Cina o in America

Due mondi: e dentro il Napoli. L’Asia, l’America, un macrouniverso da scoprire, da conquistare, un calcio (e un marchio) da esportare: è l’ultima frontiera del Terzo Millennio, è la cultura imperante soprattutto d’estate e che invece, stavolta, può aiutare a congedarsi dalla primavera; è il futuro, insomma, perché in quel contenitore che è una tournée c’è di tutto un po’, c’è l’esigenza di non lasciare oziare i calciatori per tanto, troppo tempo (l’ultima di campionato è il 18 maggio, il raduno a Dimaro il 17 luglio: due mesi sono effettivamente un’enormità), c’è la possibilità di mostrare quella griffe a chi l’aspetta e a chi vuole conoscerla; c’è la promozione non solo di se stessi, del made in Naples, ma del made in Italy più in generale e d’un football che attrae, che va sviluppato per essere poi rivenduto.

L’IDEA – E’ un anno «stranissimo», perché tra un po’ finisce e lascia una forbice ampia tra l’arrivederci al 2013-2014 e il buongiorno all’anno che verrà; e il calcio cerca nuovi orizzonti, anzi li ha trovati, perché stavolta hanno bussato alla porta del Napoli, non hanno certo avuto bisogno di ricordargli che ci sono sei milioni di fan sparsi sulla terra e che c’è vita anche altrove, in Cina e negli Usa per cominciare, laddove la finale di Supercoppa ha lasciato tracce evidenti di simpatia ma anche in quegli States in cui le little Italy vibrano di passione calcistica. E l’idea – non esclusivamente commerciale – ha attivato una macchina organizzativa che si è appena cominciata a muovere, perché poi vanno definite le date, gli appuntamenti, gli spostamenti, le disponibilità: però c’è una tentazione forte di assecondare questo progetto «collaterale».

LA SQUADRA – Perché poi, altrimenti, ci sarebbe da procedere con il rompete le righe e, chiaramente, due mesi senza attività, senza la partita, determinano un buco enorme: i candidati al mondiale del Napoli sono per il momento 12, difficilmente diventeranno tredici (la new entry dell’ultima ora potrebbe essere Callejon) e il rischio che invece si riduca il numero degli azzurri in Brasile è superiore a quello che si ingrossi. Dunque, se pure partisse una dozzina di Napoli, destinazione Mondiale, resterebbe una squadra ricca di talento e di personalità, di personaggi di richiamo: perché per Hamsik e per Pandev, ad esempio, non ci sono chanches, non avendo ottenuto le qualificazione con le rispettive Nazionali; perché Jorginho rientra tra quelli che resteranno fuori dalla manifestazione più attesa del 2014; perché poi ci saranno comunque disponibili i Britos, i Reveillere, gli Zapata; perché comunque – volendo – si potrebbe procedere con qualche prestito, ed eventualmente (compatibilmente con le loro esigenze) c’è tanto Napoli in giro per l’Italia, ci sono giovani in B che, potendoli reclutare, si potrebbero verificare da vicino (Sepe rischia di uscire dai play-off con il Lanciano, ad esempio).

Ma poi se Asia e/o America chiamano, come si fa a resistere?

Fonte: Corriere dello Sport

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