Curve chiuse e Napoli: solo rivalità calcistiche o frattura sociale?

L’ultima tappa. Nel giro d’Italia delle curve chiuse al passaggio del Napoli non poteva mancare la Sud giallorossa. Oramai è diventato quasi un clichè, una spiacevole abitudine più che del calcio italiano, della cultura italiana. Sì, perchè il problema che si sta verificando in questo campionato non è calcistico, ma sociale. Ad essere insultata ed umiliata non è la squadra del Napoli, ma la città e tutti i suoi abitanti. Per questo è giusto prescindere dall’elemento sportivo ed andare a pensare perchè una tale follia discriminatoria contro i partenopei, sta coinvolgendo tutta la nazione da Sondrio a Ragusa.

Storia millenaria. Essere di Napoli vuol dire far parte di un processo storico millenario. Le pietre di questa città sono state poste ancor prima che Enea fondasse la “caput mundi” e ancor prima che si unisse la “Lega lombarda” contro Federico Barbarossa. “Partenope” è sinonimo di cultura, di dignità e di sapor civile. Furono i greci, e non i latini, a decretare di questo posto nella Campania Felix, una delle meraviglie del mondo. Capirono per primi, che gli elementi ed il clima di questa costa non erano paragonabili a nessun’altra località europea e da abili pionieri, si insediarono in questo luogo e diedero inizio ad una storia cittadina, regionale e nazionale.

Invidia. Dir male di Napoli – ancor più grave quando il grido proviene da Roma –  è come sputare sulla patria e su un suo enorme pezzo di vita. Non si capisce perciò, da dove nascano questi insulti e queste violenze verbali contro un popolo che, ha tutti i difetti di questo mondo, ma resta sempre umano e vivo. Tra i vari motivi plausibili, quello che più colpisce è l’invidia. Invidia derivata da anni e secoli di superiorità ed anche da un patrimonio naturale che tutte le altre città, compresa la Capitale, vorrebbero. Un gioco al massacro, questo dell’invidia, che porterebbe ad una frattura incolmabile, perchè se per ora il meccanismo si ripete nel campo di calcio, chi ci dice che tra cinque anni non lo ritroveremo anche nelle scuole?

Problema sociale. Sarebbe criminale evidenziare questi eventi come semplici battibecchi tra squadre di pallone. Sarebbe criminale allo stesso modo considerare “italiani” le persone che continuano in questo ignobile gesto dell’insulto. Un italiano non augura la morte o la catastrofe ad un altro italiano. Arrivati all’ennesima puntata della serie, scoccia anche il solo parlarne della cosa. Scoccia la voce muta di chi denuncia e la voce di chi ci specula su questi “cori“. Arrivati a questo punto sarebbe giusto farsi qualche domanda e chiederci se siamo arrivati ad un punto di frattura sociale.

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