L’editoriale di Ivan De Vita: “Non camminerete mai soli”

editoriale_ivan_de_vitaYou’ll never walk alone“. Non un semplice coro da stadio. Una profonda dichiarazione d’amore. Un’onda di passione che travolge i propri beniamini e s’infrange violenta sullo scoglio avversario. La Kop di Anfield Road ha fatto di quest’inno la colonna sonora delle stagioni del Liverpool. Benitez conosce quella sensazione di calore che sa incendiarti il cuore. La spinta propulsiva che ne deriva può essere devastante.

A Napoli la Kop non c’è. C’è uno stadio affascinante e fatiscente, un ovetto che racchiude scaglie di desiderio rendendoti inaffondabile. Eppure Don Rafè non ha dovuto attendere l’esordio al San Paolo per ammirare la l’eccitazione dei napoletani. Ha avvertito un fremito dall’Habemus Rafa twittato dal presidente alle idi di giugno, il ventre della città era già ai suoi piedi. A prescindere dagli innumerevoli inviti a cena ricevuti, è rimasto piacevolmente sorpreso dalle manifestazioni d’affetto ricevute prima di ottenere qualsivoglia risultato, solo per il rispetto e la fiducia riposte nella sua figura. Il tifoso azzurro cura il suo Napoli come una parte di sè, inscindibile e terribilmente fragile. Lo spagnolo sente il peso della responsabilità ma non è spaventato, può frammentarlo e lasciare che ogni appassionato se ne faccio carico: “Anche a Napoli sento di non camminare mai solo”, ha detto ieri dall’Uefa Elite Club Coach Forum di Nyon. La Kop gli sarà mancata tanto. E’  tempo di voltare pagina.

Intensa, frenetica, avvolgente. Napoli è così, prendere o lasciare. Tormentata e avvincente come nessun’altra piazza. Andrea Dossena, appena trasferitosi al Sunderland, oggi ha parlato di una città che “regala forti emozioni, dove ho vissuto tre anni a cento all’ora. Emozioni fortissime che non dimenticherò mai“. Ieri, per l’ennesima volta, Ezequiel Lavezzi ha ribadito il concetto: “E’ un luogo unico. Se fai bene le cose che si verificano lì non accadono da nessun’altra parte nel mondo. E bisogna godersele, quando vai via ti rimangono“. Nostalgia canaglia? In fondo lui è andato via proprio a causa di questo amore morboso, debilitante (oltre che per qualche euro in più, ma questo è un altro discorso).

Eh già, perchè questa spasmodica simbiosi nasconde il suo lato negativo nel rovescio della medaglia. Il confine tra esaltazione e amarezza è infinitamente labile. Basta un gol sbagliato, un periodo storto o un mercato incompleto e le stalle spalancano le porte alle stelle. Scendere a patti con le coronarie di un folle è opera riuscita a pochi. Ma si potrebbero ottenere benefici impensabili.

Rispecchia la solita trama l’incipit partenopeo di Gonzalo Higuain, atteso e osannato come un messia dal suo atterraggio a Ciampino. Non sarà facile rimpiazzare Cavani, ma il “chiodo schiaccia chiodo” è la prima reazione di un cuore a pezzi. Un tuffo maldestro, otto punti di sutura. Un vortice di polemiche scatenate, il rogo era già ardente: “Ora speriamo in una multa salata”, “la società deve intervenire per proibire gite dissennate ai calciatori”. E la galera, perchè no? I forum pullulavano di amenità o forse semplicemente di paura. Il Pipita domenica è sceso in campo e ha giocato la miglior partita in maglia azzurra finora, con un assist al bacio e il primo gol stagionale. Poi l’apparizione su twitter per ringraziare tutti i tifosi che gli sono stati vicino in una settimana quanto meno strana. Non solo un professionista, ma un ragazzo col sale in zucca. Continua così Gonzalo, quel patto ha bisogno della tua firma.

Ivan De Vita

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