Fair Play finanziario, il dubbio amletico della Football Economy

UEFA-president-Michel-PlatiniSe davvero esistesse qualcuno chiamato Fair Play finanziario, questi entrerebbe nel pallone in punta di piedi e se ne andrebbe dopo pochi minuti, pure un poco sconsolato, se gli andasse bene. Accompagnato all’uscita, direbbe pure a bassa voce “scusate il disturbo”.

L’idea in sé sarebbe innovativa, capace davvero di dare una sterzata decisiva alla moralità finanziaria di uno sport dall’alto tasso di fatturazione, diciamo così. Il 2014 dovrebbe essere l’anno zero del Fair Play più discusso al mondo, almeno si spera da quanto stabilito e imposto dagli organismi competenti.

Il problema è un altro. I club ricchi, la federazione russa, e, chissà, pure i partner economici del mercato orientale, volendo spingere, azzardando, i confini del Fair Play finanziario oltre quelli previsti dell’Europa sulla strada del rigore, vorrebbero che fosse allentata la stretta prevista per il prossimo anno, quando, in teoria, dovrebbero essere anche applicate le severe sanzioni previste dalla UEFA per i club poco virtuosi.

Va detto, però, che già alcune società europee sono state punite per ragioni di bilancio, e quindi escluse dalle competizioni europee. Vedere Malaga, per dirne una. Ed è ovvio, allo stesso tempo, che questi provvedimenti adottati già prima dell’anno zero stridano con la “benevolenza” nei confronti dei bilanci, pare dai numeri discutibili, di club come Real, Barcellona e Paris Saint Germain. Soltanto i francesi, negli ultimi due anni, hanno speso in Italia una cifra pari a circa 250milioni di euro per comprare i migliori calciatori della serie A, senza considerare quelli spesi altrove.

I gruppi russi, intanto, premono affinché la UEFA allenti la morsa, abbassando il livello di guardia davanti alle dinamiche finanziarie delle squadre europee.

Sempre dall’est europeo, che pare poco disposto al dialogo “rigoroso” con la parte occidentale, Alexei Miller, rappresentante della Gazprom, colosso dell’energia, ha proposto la creazione di una superlega che riunisca i migliori club russi e ucraini, prevedendo un bilancio annuale di circa un miliardo di euro, per quella che diventerebbe una lega calcistica di natura regionale, una sorta di ricostituzione parziale del blocco “sovietico” dell’area orientale del vecchio continente. Ma, in questo caso, più che i nostalgici di certi ricordi politici, sarebbero contenti gli investitori di settore.

Elemento da non sottovalutare, Gazprom è uno degli sponsor più importanti della UEFA. La federazione europea del calcio non può fare a meno di prestare ascolto alle istanze dei magnati russi.

Tornando al Fair Play finanziario, un aspetto che non può passare in secondo piano, soprattutto se parliamo di equità economica nel controllo e nella “parificazione” delle società, è quello rappresentato dalla possibilità, per alcuni club, di accedere a immediati e provvidenziali liquidità per riequilibrare i bilanci in rosso.

Lo è stato nel caso del Manchester City, che negli ultimi anni ha beneficiato di 400 milioni di euro assicurati da Etihad, che li ha dilazionati in 10 anni, e Qatar Tourism Authority, che per il Paris Saint Germain ne ha versati 700 in 4 anni, consentendo di ristabilire i bilanci sistematicamente.

Paolo Ciabattini, esperto di finanze del calcio, ha di recente pubblicato un libro, intitolato “Vincere con il Fair Play finanziario”, ipotizzando una serie di contraddizioni che potrebbero far sì che il Fair Play si riveli inefficace.

Secondo gli studi di Ciabattini, l’unica società che rischia realmente di subire sanzioni di natura disciplinare, per ragioni economiche, è proprio il Paris Saint Germain dei sceicchi. Dai contenuti del libro e da alcune recenti interviste, si intuiscono chiaramente quali sono gli elementi viziati dell’economia calcistica, intesa anche in linea di principio.

Lo stesso Ciabattini ha sottolineato come sia diverso l’intendimento del pallone dal punto di vista dell’attività privata. Nel calcio un imprenditore di grosso calibro risponde di responsabilità valutate in maniera meno rigida rispetto ad attività imprenditoriali di altri settori. Nel soccer, a detta di Paolo Ciabattini, dominano i personalismi e la mancanza di trasparenza.

Da tempo la “New economy” si interroga sulle necessità, da parte dei mercati, di conciliare con le dinamiche imprenditoriali anche gli aspetti ritenuti più esterni. A dispetto di ogni intenzione, peraltro attrezzata di non poca ipocrisia, la prospettiva del Fair Play finanziario resta una spia accesa, ma su cui non si è ancora ben capito se gli organi di controllo della UEFA, e non solo, perché dal tipo di atteggiamento deriverà un tipo di calcio, siano intenzionati a soffermarsi. Il dubbio sorge. Si può controllare con autorità chi consente il controllo?

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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