L’editoriale di Elio Goka: “Napoli in maglia mimetica. Non sarà un po’ brutta?”

editoriale_elio_goka-300x150Napoli in maglia mimetica. Diciamoci la verità, non è affare così emozionante scoprire l’acqua calda, pure se è necessario, anche se l’ordine evidente delle cose qualche volta costringe a ricordare lo scontato. Diventa tutto un grande accidente se di tanto in tanto non si dà un’occhiata allo spartito. Meglio una controllata in più che un refuso di troppo.

Ma quella maglia, per favore, qualcuno mi spieghi che senso ha. D’accordo, magari non m’intenderò di marketing, non capirò di moda, di rituali motivazionali e di trovate a effetto, ma quella casacca uscita dal deposito di una caserma proprio non la capisco.

Una maglia a cosa serve? Al di là del merchandising – quello si può fare con qualsiasi cosa – e ammesso che si possa accettare la ragion di sponsor prevalente su quella dell’appartenenza, una casacca di pallone dovrebbe servire a portare addosso la bandiera, a riconoscersi e farsi riconoscere dai propri tifosi e dalla storia, quando più in là, quando i colori avranno un’altra gradazione, i filmati e le fotografie depositeranno per sempre il ricordo di un goal, di un’azione, di un’esultanza, di una scena di disperazione, col facile richiamo sugli spalti, con la stessa maglia spuntata lassù fra le curve e le tribune.

Ma una mimetica confinata dentro dei bordini azzurri, a cosa serve? Non facciamo della facile filosofia, nemmeno della spicciola semantica. Ovvio, il colore e il modello di una maglia non devono per forza servire a qualcosa. Però, almeno nel caso del pallone, non vengono indossate dopo l’alzabandiera. Lo stadio non è il cortile di una caserma, e certe mise stonano col tanto sperato folklore, in stato di “emergenza”, che ci si augura sia presto recuperato da una delle tifoserie più appassionate del mondo.

Nemmeno agli squadroni radiocomandati dei regimi sovietici venne in mente di cucirsi addosso una mimetica. Dubito che la scelta provenga da quell’area militar militante di certi estremismi di ultima generazione. Manco a pensarlo, ma proprio non si capisce perché una delle maglie debba colorarsi di sfumature dell’assalto.

D’accordo, non facciamola lunga. Quella maglia nuova di zecca è il simbolo del Napoli da combattimento. Ma è che ai napoletani fa una strana sensazione starsene a guardare con consenso la casacca militare. Città dei re, d’accordo, di troppi re, ma non per questo facile alla mimetica. Troppe dominazioni. Eppure, proprio la tanto amata maglia azzurra è nata così, al momento della fondazione, in omaggio ai colori della Casa Reale dei Borbone di Napoli. Maglia azzurra e colletto bianco.

A proposito di re. Qualcuno ricorderà che un re poco gradito alla Napoli romantica, affermò una volta, e senza vergogna – i re hanno un senso della vergogna poco sviluppato – che l’unico libro letto e riconosciuto, per lui era stato il regolamento militare. Se avesse visto le nuove maglie del Napoli ne sarebbe diventato subito tifoso?

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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