L’ANALISI\ Come cambia tatticamente il Napoli di Benitez

ANALISI TATTICA BENITEZANALISI TATTICA BENITEZ | Signor Benitez, cosa significa vincere con continuità le coppe europee? Cosa vuol dire avere il curriculum di un allenatore specialista in competizioni internazionali? Glielo hanno chiesto, qualche giorno fa, i giornalisti inglesi subito dopo che il suo Chelsea aveva conquistato l’Europa League. E lui ha risposto così: “Significa che la conferma nello sport è sempre la cosa più difficile, significa che il successo vale doppio, significa che la crescita è costante e continua, significa che la forza e l’autostima sono aumentate ancora”. Significa, anche, che il Napoli prossimo venturo non potrà fermarsi a quel pur importantissimo secondo posto in campionato e non potrà nemmeno concedersi pause o tentennamenti alle soglie della Champions. Pur se in Europa la distanza sembra ancora notevole rispetto alle migliori. Ma per uno come Benitez essa può essere ridotta, lavorerà per questo, basta che abbia tempo e condizioni giuste per operare sulla squadra azzurra.

A Napoli avrà il compito di resistere a molte pressioni, dovendo nel contempo cambiare e ridare gioco a una squadra che ha perso la spina dorsale Mazzarri. Tuttavia Benitez ha spalle grosse ed è un martello. Le sue idee semplici riescono a colpire presto, bene e con regolarità nei punti giusti. Perché assieme a Rafa – il quale pare sempre un passo dietro ai rivoluzionari e uno davanti ai conservatori – gli azzurri cominceranno a capire che quel sentiero di vittorie e risultati strabilianti può essere ripercorso in meglio.

Bisogna cominciare dalle idee di gioco di Benitez per capire la portata del personaggio e soprattutto per disegnarne le strategie. C’è un calciatore del Napoli, ora al Palermo, che ne conosce pregi e difetti. È Andrea Dossena, spesso ha spiegato come il nostro sia un tecnico, tanto per sfatare un luogo comune, che ama il dialogo. “Molto. E sugli aspetti tattici è incalzante. Se t’incrocia nel centro sportivo, per strada o in aereo, Benitez non perde tempo, sfrutta ogni minuto per fornire indicazioni, spiegare posizioni in campo. In allenamento usa lavagna e tantissimi video. Nelle analisi delle situazioni di gioco è davvero maniacale. Dedica grande attenzione a punizioni e calci d’angolo. In Inghilterra, saper sfruttare le palle inattive è determinante”.

Il modulo preferito da Rafa Benitez è il classico 4-2-3-1, che nell’ultimo scorcio di stagione era stato, a tratti, adottato – e reinterpretato – da Mazzarri, soprattutto grazie alla disponibilità di chi corre sulle fasce. Rispetto al passato, però, lo schieramento di Benitez ha una connotazione meno offensiva, perché sulle fasce prima erano utilizzate punte, piuttosto che ali di ruolo. Insomma, un conto è giocare con degli esterni bassi alla Zuniga o il Maggio dei tempi migliori, per intenderci, in grado di fare tutto il campo, un altro è avere Insigne a sinistra e Pandev a destra. Nell’attuale versione beniteziana si dà meno spazio ai fronzoli e molto più alla sostanza. Già, perché gli esterni sono pronti a ripartire, ma anche ad abbassarsi sulla linea mediana, creando, in caso di necessità, anche un 6-2-1-1. Da questo punto di vista – dicevamo – i dettami tattici di Benitez, ovviamente in generale, non si discostano molto da quelli mazzarriani. Diverso il modulo, ma stessa filosofia: in altre parole una squadra corta e compatta, linee strette in fase di non possesso, ripartenze veloci una volta conquistata la palla.

Per capirne di più vale la pena fare un riferimento al Liverpool di Benitez, più che al Chelsea dove ha vissuto una stagione non proprio ideale. Se sugli esterni anche con i Reds, Benitez aveva riadattato ex punte di ruolo, su tutte Kuyt, davanti il peso dell’attacco ricadeva quasi esclusivamente sul “nino” Torres, proprio come domani potrebbe accadere nel Napoli di Cavani. Un ruolo di sostegno fondamentale, però, lo aveva Gerrard: il capitano del Liverpool, infatti, era sollevato da gran parte dei compiti di copertura e a lui era chiesto di raccordarsi con il centrocampo, ma soprattutto era indirizzato verso gli inserimenti spesso mortiferi nei varchi creati dal movimento del compagno di reparto. Infine, l’accentramento dei laterali, e il loro svariare su tutto il fronte offensivo, liberava spesso le corsie per l’avanzata dei terzini, pronti a scendere sul fondo e mettere palloni in mezzo per Torres, lo stesso Gerrard, ma anche per il taglio degli esterni.

In un ipotetico attacco azzurro, Hamsik è il Gerrard, Cavani, se dovesse restare, il Torres e ovviamente Insigne e Pandev, o chi per loro, dovrebbero svolgere il ruolo dei laterali, con un atteggiamento più aggressivo. E qui si può accennare anche a Cerci, che sembra prepotentemente entrato nelle mire di mercato di Bigon: rapido, dottissimo tecnicamente, grande intelligenza tattica, abilissimo a stringere il campo e giocare tra le linee per cercare la conclusione o l’ultimo passaggio. L’attuale giocatore del Torino sarebbe effettivamente perfetto per il Napoli in versione Benitez.

“La forza della spina dorsale della squadra ne determina il successo”, è uno dei dogmi di tanti allenatori, tra tutti Capello. Reina-Carragher-Mascherano-Gerrard-Torres, su questa Benitez fondò il suo Liverpool. Al Napoli non cascherebbe proprio male male, avrebbe però bisogno di qualche ritocco in più: De Sanctis-Cannavaro-Behrami-Hamsik-Cavani rappresentano oggi l’asse portante. Poi, Rafa si ritroverebbe un treno con Maggio sulla destra, Armero a sinistra, al centro Inler e Dzemaili pronti all’occorrenza. Insomma, dal punto di vista delle alternative, a Napoli, Rafa vuole dormire sonni tranquilli e cerca le pedine giuste. Quindi mai più Uvini o Chavez, tanto per dirla con uno slogan. Se, poi, dovessero davvero arrivare Skrtel, Benatia o Ramires sarebbe un bel vedere. Il brasiliano, si sa, è un pupillo del tecnico spagnolo e lui, più che altri, potrebbe davvero rappresentare il fiore all’occhiello della campagna acquisti. Questo e altro aspettando la decisione di mister 104 gol, al secolo Edinson Roberto Cavani Gómez.

Fonte: Il Mattino

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