Gossip e noia, il caso Cavani

editoriale_carlo_letteraCavani e il nuovo amore. Becero giornalismo appaltato agli umori più bassi del ventre annoiato. Il gossip è ormai diventato il medium che unisce il pubblico e il privato, l’occhio indiscreto che spaventato dal guardare se stesso si posa sull’altro sempre in cerca di una condanna altrui e di una propria assoluzione. Non si sopporta che l’altro sia la nostra cattiva coscienza, non lo tolleriamo.

Ecco allora che comincia la recherche. Rovistiamo come affamati dai cassetti privati in cerca di un indizio, una prova che faccia sembrare l’altro “peccatore” quanto noi. E’ un modo per fargli pagare la sua “fortuna”, il suo essere al centro dell’obiettivo.

Gossip, parola stomachevole, metafora primaria del nostro tempo privo di auto-riflessione. In un tempo sempre più strutturato sulla solitudine il pubblico degli altri diventa quasi riscatto della nostra condizione. Oggi a Napoli non importa tanto cosa produce la squadra, quale la formazione di stasera col Pescara, l’oblio minaccioso di Inler; l’unico interesse è sapere nome, cognome, misure, profilo della presunta donna di Cavani. Povere queste vite che devono riempirsi con la vita degli altri! Quanta pena il giornalismo che sfiorisce in una curiosità pornografica.

Credo che l’interesse per il gossip nasca fondamentalmente dalla noia del tempo. Ci si dedica al superfluo e all’altro quando il nostro orizzonte mentale non trova reparti più profondi su cui sostare oppure quando si dimostra più salutare per il nostro sistema nervoso “esportare il conflitto interiore”. Nel caso specifico di Cavani è la noia a mettere all’ingrasso il gossip sulla vita privata del giocatore.
Appostamenti feroci, attese notturne, tutti a seguire la traccia che forse regalerà la conferma del sospetto, come in una colossale inquisizione immorale fatta passare come diritto all’informazione.

Mi vergogno! Mi vergogno dei colleghi, mi vergogno del mio tempo che vuole spogliare l’altro ma poi si copre fino all’inverosimile quando si tratta di mostrare se stesso. Tutti peccatori e quindi tutti assolti. Questa è la logica assurda e immorale che sottende all’occhio che non spia più dal buco (si è perso anche quel pudore) ma ben visibile al centro di ogni gesto.

Carlo Lettera
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