GIOVENTU’ VERDEORO\ Octavio, bomber “a sopresa”. Ma ci sono delle gerarchie da rispettare

OctavioFino a qualche anno fa, era un trend consolidato. Prima che esplodesse la crisi del movimento calcistico italiano, il diktat di diverse società era quello di pescare giovani talenti, o presunti tali, all’estero, senza dare le doverose chance ai tanti ragazzi stipati nei più disparati serbatoi territoriali (che, per inteso, sono ancora fra i migliori d’Europa). Provvidenza o necessità tramutata in virtù che sia, oggi si assiste ad uno scenario colmo di giovani italiani, intenzionati (giustamente), a ritagliarsi lo spazio che meritano per regalare ancora un futuro all’Italia pallonara.

La Primavera del Napoli è una delle numerose esemplificazioni del periodo in questione, poiché dotata di elementi in grado di bruciare quelle tappe fisiologiche che separano dal cosiddetto “grande salto”. Credenziali impossibili da non notare, che si distendono lungo l’invitante scia del mutamento in corso attraendo anche chi, tempo addietro, trovava la strada spianata sospinto da fattori legati soprattutto al business. Proprio per questo motivo, Octavio Murilo Mendes ha deciso che provare ad inserirsi in un contesto simile potrebbe portare enormi vantaggi alla sua carriera appena agli inizi, vista la giovane età (classe ’95) e lo scarno pedigree.

Un curriculum, però, destinato a diventare importante grazie al conforto delle caratteristiche che lo contraddistinguono: altezza, scatto bruciante e tendenza a sorprendere i diretti avversari. Ciò che emerge dalle prime relazioni compilate a Castelvolturno è un magnifico elogio alle qualità del piccolo (ma mica tanto) bomber verdeoro, paragonato subito al Pato fisicamente integro degli esordi. Duttilità tattica e imprevedibilità completano l’identikit dell’ex Baruerì, atteso dal verdetto del club partenopeo e mister Saurini per constatare verso quale direzione si dirigerà il suo cammino professionistico.

Le potenzialità di Octavio sembrano accreditare il suo inserimento nella rosa azzurrina. Se ciò avverrà, il carioca dovrà dimostrare di essere anche umile, di saper aspettare il proprio turno. Un’ulteriore freccia all’arco della “cantera” napoletana torna sempre utile, ma la generosità dell’attuale parco attaccanti obbliga a valutazioni gerarchiche e meritocratiche per nulla secondarie. La cultura del lavoro, fiore all’occhiello del nuovo modus operandi partenopeo, continuerà a premiare chi non cade vittima del moderno ed esasperato protagonismo, consacrando, quindi, chiunque sposi l’interesse generale che, stagione dopo stagione, si rinnova puntando ad un nuovo gradino da raggiungere. Un’immagine in grado di rendere bene quell’idea di un treno che, una volta perso, difficilmente ripasserà.

Giorgio Longobardi

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