L’editoriale di Elio Goka: Gli effetti della “Dieghite”

editoriale_elio_gokaNapoli suona la sua cover. Prepara orchestra e spartito, e il suo protagonista principale ha saputo scegliere il momento. Oppure qualcuno lo ha scelto per lui. Imminente Conclave per un nuovo papa erede del papato di quello ancora in vita, elezioni politiche votate all’enigma e Napoli – Juve alle porte.

Sono lontani i tempi in cui i Coppola ai aggrappavano addosso per escogitare nella maniera migliore come arraffare l’arraffabile. Il protagonista principale, sottoposto, a torto o a ragione non lo so, ai più disparati giudizi su fattezze e vita privata, ne ha tenuti appresso tanti, troppi, che lo hanno trattato come la vacca Masai. E a lui, in fondo, forse sarà pure un po’ convenuto, almeno per soddisfare la sua sempre verde smania di protagonismo. E viva iddio, almeno lui non l’ha mai nascosta, anteponendola a tutto, spesso e volentieri, pure davanti a se stesso, marchiandosi col suo eterno “Non sarò mai un uomo comune”.

Adesso che l’opera presenta le azioni giudiziarie come illustri comprimarie, adesso che l’avvocatura raffinata prende il posto del “manageriato” d’occasione, si può dare seguito all’ennesima istanza mediatica, dove, da una parte, si scatena la prevedibile reazione della passione popolare, la soddisfazione della prima necessità del protagonista principale, la sua smisurata, amata e odiata, vanità, e dall’altro qualcosa che spinge dalle retrovie, come se un Minosse tenesse per mano un Minotauro piacaresco, di tanto in tanto standosene dietro le sue quinte fatte di paraventi trasparenti, e che, senza indugio, non disdegna le più maldestre sortite, talvolta fatte di annunci che si sostituiscono pure alla realtà dei fatti.

È la “Dieghite”, che prende un po’ tutto e tutti, ma che, i tutti, poco comprendono che non si tratta di un batterio sopportabile da chiunque, ma di una modalità di vita caduta addosso a uno solo, che per mille altre ragioni, può permettersi di esibirla, non senza i rischi corsi durante tutti questi anni di riflettori.

È un labirinto, in parte da privilegiato, direbbero i più e non a torto, in parte legato a qualcuno o a qualcosa, come, del resto, è sempre stato. Un labirinto, come quello del Minotauro, che, in questo caso, danni e vittime non procura, ma che rassomiglia un po’ a quella creatura che nella mitologia è nata ed è stata allevata per i capricci degli dèi e dei re.

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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