Paolo Sollier

Con Paolo Sollier la politica c’entra molto poco. Mai affermazione sarebbe più ingenua e infelice se ci si fermasse a guardarlo, magari pure di sfuggita, buttando l’occhio su qualche sommaria informazione. Eppure, quello che con disprezzo sarebbe facilmente apostrofabile come un marxista della domenica,  saprebbe bene come pareggiare il conto con allusioni e provocazioni, e per tutta la “settimana”.

Sollier è un ex calciatore, un ex esponente di Avanguardia Operaia, e magari un ex di molte altre cose. Eppure, oggi, da allenatore e scrittore, conserva tutta la verve autentica e genuina del militante di passione, e non di quello di professione.

Paolo Sollier, classe 1948, piemontese doc, inizia la sua carriera di calciatore con Cossatese e Pro Vercelli. Poi, nel 1974, si trasferisce a Perugia, alla corte di Castagner. Lì, nella provincia “rossa” italiana, non perde tempo a manifestare le sue appartenenze politiche. E non lo fa per darsi un tono alternativo e smaliziato, ma per applicare alla vita il suo credo ideologico. Non ama le differenze tra gli uomini, nel senso di quelle del privilegio attribuito in base alla fama e ai ruoli ricoperti. Una volta ha detto di trovare l’autografo una cosa stupida e assurda. Per lui tifoso e calciatore sono sullo stesso piano. “Sarebbe una cretinata se chiedessi al barista del mio bar di fiducia di firmarmi un pezzo di carta”.

Per Paolo Sollier, i calciatori sono personaggi spesso mediocri e superficiali. Secondo lui, al massimo puoi trovarne alcuni che cercano di ragionare in una “certa maniera”, come Mazzola, Rivera o Chinaglia. Ma, sempre secondo il calciatore piemontese, “se avessero delle idee politiche sarebbero di destra, o al massimo della DC”.

Paolo Sollier, barba incolta e pettinatura ribelle, è fatto così. Per lui il pallone è uno strumento nobile se votato alle espressioni autentiche della vita. Diversamente, è qualunquismo sorretto da una comoda posizione di supremazia che il calciatore può godersi grazie alla passione irrazionale del tifoso. Sollier è cuore e ragione, sentimento e autonomia di pensiero, in un mondo dove non è facile distinguersi per coerenza e fedeltà a se stessi. Pure in campo lui è così. Una domenica di Juventus-Perugia, Sollier, prima dell’inizio della partita, si reca a centrocampo e alza il pugno destro sotto gli occhi di Umberto Agnelli. Il giocatore di Chiomonte sfida con un gesto netto e cristallino la FIAT e la sua squadra di calcio. Sollier, già prima della partita, si toglie lo sfizio di salutare a modo suo uno dei simboli del potere nel calcio, con tutto quello che ne consegue. Un goal fuori tempo, una segnatura prima del gioco, un’azione extra senza il pallone. Pare che Umberto Agnelli abbia reagito con un mezzo sorriso.

E quel gesto solenne e orgoglioso, Paolo Sollier lo ripete su tutti i campi, quello del suo Perugia e quelli degli altrove dove viene spesso contestato, soprattutto dalle fazioni politiche opposte. Una domenica di campionato, durante un Lazio-Perugia, da un settore dello stadio spunta pure uno striscione biancoceleste con su scritto “Sollier Boia”. L’epiteto poco cortese non scalfisce la scorza dura di Sollier, che continua a giocare e a fare politica, ossequiando, a suo dire, il privilegio di essere un calciatore professionista, pagato per divertirsi.

Conclusa la carriera di calciatore, passando anche per Rimini e Biella, Sollier inizia quella di allenatore, continuata sempre alla guida di squadre delle categorie minori, nel pieno segno del destino che lo vuole ad ogni costo legato alla provincia, alla ruvida e umana territorialità di un paese che è troppo legato a miti artificiali per concedere più spazio a personaggi come Sollier.

Ma lui, da uomo colto e intelligente, il suo spazio se lo conquista pure da giornalista e da scrittore, pubblicando “Saluti e sputi e colpi di testa” di Gammalibri e “Spogliatoio”, quest’ultimo edito dalla Kaos edizioni, la stessa casa editrice che ha poi prodotto i libri di Carlo Petrini. Da giornalista, Paolo Sollier collabora con diverse testate. Tra queste, Tuttosport e Reporter. Dal 2005 è anche l’allenatore dell’Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale di calcio degli scrittori. Paolo Sollier, una curiosa e stimolante testimonianza del fatto che al calcio non farebbero poi così male certi ingredienti.

Una volta, Sollier ha dichiarato: “Perché gridare al miracolo se leggo Pavese, Evtuscenko o Edgar Lee Masters? L’errore non è in me, ma si trova dall’altra parte della barricata”.

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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