Simone Farina, l’eroe senza squadra

Se chi tace acconsente, chi ha il coraggio di alzare la voce dovrebbe essere il motore del cambiamento. Trascinare fuori dalla melma coloro che non hanno la forza di risorgere da soli. Ma nel calcio italiano non funziona così. In silenzio si legittimano soprusi, malefatte, ci si arrende al marcio senza sfidarlo a duello. Simone Farina è un calciatore. Uno dei tanti. Quelli che da ragazzini sognano di vincere lo scudetto o di vestire la maglia della Nazionale. All’inseguimento di un traguardo rimbalzando tra sacrifici e porte sbattute in faccia, senza sperare in nessuna agevolazione. Il biondo difensore non ha calcato i campi della serie A, ma le due promozioni con il Gubbio già decorano degnamente il suo albo d’oro personale.

OBIETTORE DI COSCIENZA. Nel novembre 2011 un suo ex compagno di squadra, Alessandro Zamperini, gli chiede di “sistemare” Cesena-Gubbio di Coppa Italia. Un errore in marcatura, una palla persa. Sciocchezze. Piccoli accorgimenti che orientassero il risultato. Il gruzzoletto promesso per la combine era niente male: 200mila euro. Per un calciatore di Lega Pro sono bigliettoni visibili solo al telescopio. A quel punto entra in campo l’onestà. L’onestà di chi ama il suo lavoro e l’ha guadagnato con sudore e privazioni. Per la prima volta qualcuno voleva spianargli la strada. Troppo tardi. Buon cognome non mente. Farina allo stato puro, il suo sogno doveva restare illibato. Offerta rispedita al mittente ma senza volgere lo sguardo altrove. Agguantò una pala e iniziò a scavare, voleva estirpare il virus alla radice. Denunciò l’accaduto in Procura ed è diventato una delle icone dell’inchiesta sul calcioscommesse. Soprannominato “Mister Clean” fu adottato da Blatter come spot del fair play, invitato perfino alla premiazione del “Pallone d’Oro 2011”. Anche Prandelli cavalcò l’onda e lo reclutò per due giorni di stage a Coverciano con la Nazionale. Tante strette di mano e riconoscimenti. Per un gesto normale, in un mondo capovolto. Paradosso.

LAST BET, LAST DREAM. Spenti i riflettori è la quotidianità a lacerarti l’anima. Ad agosto il Gubbio rescinde il suo contratto, adducendo motivazioni tecniche. La sua esperienza in squadre di B e Lega Pro è rilevante, non avrà problemi ad accasarsi altrove. Niente. Il suo telefono non squilla. Solo il Perugia del suo pigmalione Arcipreti prova ad acquistarlo, ma non si trova l’accordo economico. Usa e getta. Idolo di un sistema che ama vantarsi della sua patina di pulizia. Ma è inutile dipingere la facciata di un rudere. Prima o poi crollerà tutto. Da codardi nascondersi dietro il viso candido di uno di noi solo quando c’è da riscuotere consensi. Ora quel mito dell’età moderna si scontra con la realtà. La realtà di essere scomodo, etichettato, emarginato da un gioco del quale non accetta le regole. E i misteri degli spogliatoi scivolano via con l’acqua delle docce. Non saranno certo i topi di fogna ad andare a rivelarli.

SCARPETTE AL CHIODO? Dalla patria del calcio il buon Farina ha ricevuto una proposta singolare: l’Aston Villa vuole che insegni la correttezza nel calcio ai giovani calciatori della città. Gli inglesi che ingaggiano docenti di fair play fa un po’ sorridere. Sta di fatto che “Mister Clean” ha rifiutato. Perchè il suo “pane” è il campo, una vittoria conquistata soffrendo fino al 90′ e non comodamente seduti ad un tavolino. Vuole solo tornare a calciare un pallone, non desidera tramutarsi in eroe senza spada. Ma ora la sua maglietta è girata alla rovescia. Ora il sospettato è lui. Non smettere di correre, Simone. Entra in tackle sull’omertà di chi vuole tapparti la bocca.

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