Ancora oggi non ricordo come arrivai al mio abitare

Come se stato bello, se stato una lievitanza alle sogliole del paradise. Come un hamburghers spaesato in un macelli sentivo ruttanze di uomini costernati dal birrozzo, uomini prostrati all’oblianza perchè il volvo mitridate non reggeva a guardare il pallo che sarebbe significato un’alzata di trofeo. Ieri sono state trascinate per la chioma fluente in un piazzo formicolante, le trombazze coprivano il vento,  i vessilli erano azzurri, ma così azzurrità che pensavo ad un attacco dei puffe.
I civicus mi sorridevano, facevano il cerchio con le smoking size, matrone con mesces capillari sguaiate addentavano il melanzano e il salsiccio sepolti in una profumanza di lievità lievitata. Tutti erane eccitatissimi, come se fosse che si sarebbe proiettato sul mure un filmozzo di Moana. Ho visto coi miei bulbi grandinare sudore da un creaturo nascoste in un cappotto color suffritto.
Tutto era tachicardico; giovinetti si spingevane e zumbavano, e intanto vottavano il mani su alcuni pontifici sederi; ma ogni cose era concessa, come se fosse e che rifosse una novella carnevalanza sovvertitrice dell’onesta costumanza. Il vigilo assegnatario della docilità del mareo azzurro d’un tratto appiccia il sireno, dimentico del suo ruole di placcaggio, rapito dall’entusiasme della popolanza.  

Ma la temporalità scandiva nove; il fischio del dirigente faceva aprire la cerniera dei sogni. Le squadre sembravane moltiplicantesi, finite l’euforia che sempre precede il dream il popolazzo non più rideva ma ansimave, come se fosse un atticus di panicus totalitario.
Adesse si era sospesi, e le vecchiette colte dallo spiritello sanctus dicean cose mai udite, parole sovrumane, suoni bestiali che mi fecero venir il raccapriccio, pensai che un novello pentecoste fossi schiantato su quelle cape canute. Ma no! Erane di altre contrade, di borghi alieni,venute nello spiazzo attirate dall’odori della pettegolanza.

Intante, nel cuore del suspanzo, il Naples ci dava dentre, ma il rotondo non andave dentre. Zigulì, colto da ipotermia, collassava sul crosse di Campagna e…una bestiemmanza frammista a oscuri presagimenti dilagave per il piazzo ormai già esuberante di puzzolanza. Poncho dribblave, a tutti era venuti ormai la bave, ma il pallo prendeva un bic e sfregiava il pale e il nostro aggeggio pulsantivo. Il meccio andava avanti a voltz alterne, e il pontifex maximum decideva di concedere 15 minuti di angelus agli atleti imbevuti di sudacchio.

Il ripreso si consumava come micciariello in mani a piromani, il piazzo era calato nel Frejus dell’attendere..poi un gride terrificante si mangiò il mio orecchiette..mi ritrovaie sordello e vidi, lo giure, l’arbitrato portarsi l’indici proibito al dischetto volante. Mani sugli occhie, nessuno vedeva un mazzo, nessune voleva vedere. Cavani partì, me lo rammento come che se fosse in un rallantì, poi vidi il reto mostrare un bitorzolo, realizzai e corsi come uomo colpito da ubriacanza intorne alla chiesa lodando Dio e promettendo che mi fossi fatto il comuniono dopo 20 anni, che fossi divenuto credente..intante continuave a dire parolacce e fare un gesticolare che ad oggi m’appar francamente osceno.

Non ci si capiva più nullo, nel cieli vorticavano fuochi, gli over 50 fecero approfittanza stringendo ragazze con 20 vendemmie.
In quel fragrante e fragoroso ambientazione, Hamsik insaccò il secondo salsiccio…ricorde l’urle, un bottiglio che volò su qualche testa…poi uno che piangeva, un altro che bucava l’aria con la coppa, Lavezzi che approfittava per mostrare il muscolo…
Poi fui sommergibile, dope non ricorde quanti vodka al mellonzo mi ritrovai in un a selva oscura, c’era gento sopra di me, qualcuno si era trasformato, sentive solo carne, corpi, urla.

Ancore oggi non ricorde come arrivai al mio abitare..so sole che ve sto scrivende coi piedi nell’aere e il capo sul parchè, sì parchè perchè parquests non me piace, fa troppo parigino doloranza.Intante chiamate qualcune che mi raddrizzasse il colonno e il testo..

 

Carlo Lettera

 

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