Il punto: a Bologna servito un calice amaro, ma ora niente melodrammi

Eccovi servito il piatto che mai avremmo voluto gustare in questo finale di stagione. In una gara stregata nella prima mezzora, stordita da un vantaggio bolognese immeritato, sviata sui binari nevrotici della “corsa al gol“, sventrata dall’imprecisione degli uomini di Mazzarri, deturpati anche dalla unica possibile alleata, quella dea bendata che ha messo via il fazzoletto dagli occhi per bendare Cavani e soci, che, sotto porta, questa volta hanno fallito clamorosamente. Proprio ieri doveva capitare? proprio ieri il Napoli doveva cadere nel tranello studiato da Pioli come fossero gli ultimi ingenui ? già, il giochino del “copriti bene, chiudi gli spazi e riparti”” è servito alla squadra emiliana per dare il benservito alle velleità da Champions di un Napoli troppo poco spietato, facilmente condizionabile dagli eventi, privo di quel vigore tecnico-tattico che Lazio e Udinese non hanno di certo messo in disparte in questa penultima giornata di un campionato che si avvia alla chiusura con una cocente delusione, ma forse con alcune consapevolezze, una di queste è di certo che gli azzurri devono imparare a ragionare da grande squadra, ergo bisognava mettere a tacere subito una compagine priva di necessità come lo era il Bologna, mettendo subito in rete la prima azione utile, per poi cercare di gesite, fino a che, di conseguenza, gli emiliani non avrebbero provato a pareggiare il match, ed allora si sarebbe cercato il modo giusto per infilare il gol della vittoria. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte, ma, parlando di consapevolezze, lasciateci mettere nero su bianco, non per altro, ma per certificare le cause di una disfatta. Il Bologna, dal canto suo, ha avuto vita facile, giocando sugli isterismi di una squadra psicolabile, ai confini di una crisi di nervi causata dall’astinenza da gol. La parola calma è stata del tutto bannata dal vocabolario azzurro, tant’è che, non solo i gol non sono arrivati, ma frustrazione e errori causati da imprecisioni dovuti alla fretta si sono impadroniti dei ragazzi partenopei, portandoli addirittura in un finale di gara da far west, con un considerevole numero di ammoniti e, pertanto, squalificati per la prossima ed ultima esibizione.  E’ pur sempre vero che, se la prima frazione ha vissuto di imprecisioni e frettolose conclusioni che urlavano alla sorte, la seconda parte di gara è piombata troppo presto in una catalessi da ipnotismo che ha gettato nello sconforto dapprima tutti i napoletani presenti sugli spalti, ma ben presto, ad uno ad uno, tutti gli uomini scesi in campo, anche quelli che avrebbero dovuto dare la marcia in più per capovolgere le sorti del match. Vorremo evitare di fare la solita carrellata dei singoli giudizi degli uomini scesi in campo, ecco perchè ci limiteremo ad indicarne un uomo per reparto che ha quantomeno palesato la magra figura di una squadra che troppe volte, nella fase clou, ha comunicato la sua assenza. La difesa ha consentito uno spazio ideale agli attachi bolognesi che, con Diamanti e Di Vaio, hanno giostrato le azioni a proprio piacimento, sfiorando più volte la goleada nella ripresa;  Cannavaro meriterebbe l’oscar della grinta per come è sceso in campo ad interpretare la gara, ma ciò non toglie che ha colpevolemente lasciato libero Di Vaio di servire palla al centro per l’accorrente Diamanti, a sua volta uccel di bosco nell’area azzurra. Paolone ha anche più volte provato la discesa in avanti, colpendo una clamorosa traversa, ma i compiti difensivi non si possono lasciare alla sorte. Il centrocampo ha viaggiato con un navigatore sprovvisto di mappe aggiornate, parliamo di Chiristian Maggio, al quale purtroppo dobbiamo attribuire prestazioni deludenti nelle ultime disfatte azzurre poichè, vuoi per la condizione fisica, voui per accelerazioni eccessive sul suo recupero, ha sfoderato una prova indegna del suo nome, chiamandosi fouri dal clou del gioco, mettendo fouri palle che in altri momenti avrebbe portato fin sul fondo per poi metterle sul piede dell’uomo che s’è inserito, eccedendo in una imprecisione irritante, tant’è che persino Mazzarri lo ha capito, chiamandolo fouri ed inserendo Lavezzi. Già, il panchinaro Lavezzi, il lampo che non diventa tuono, il fucile armato a salve, la miccia bagnata che non sa più esplodere. Mazzarri lo mette piuttosto presto in campo, avrebbe tutto il tempo per innescarsi ed invece si perde dopo pochi minuti nel gioco delle ombre, nascondendosi come non è suo solito, vivacchiando qua e là, alla ricerca più del rimpallo che della giocata necessaria. Inietta nelle vene dei compagni il veleno letale tale da uccidere definitivamente un match che era già complicato ribaltare di suo. Questi esempi vogliono essere emblematici per le sorti in cui il match è volto al termine, ma non dimentichiamoci che il gruppo intero ha vissuto sui limiti psicofisici sopracitati, consegnando nelle mani di Mister Mazzarri altro lavoro sui cui portare le proprie mani in cerca di risoluzioni. Walter questa volta ha abdicato, non è riuscito a dare la scossa ai ragazzi, la sfortuna e l’accanimento ci può stare, ma non possono essere un’alibi di una squadra in realtà troppo leggera e priva di carisma, quel carisma che forse anche solo un uomo (il “Pirlo” della situazione) avrebbe potuto dare a questa squadra giovane e disinibita, ma fragile sotto i colpi delle pressioni psicologiche a cui sono stati sottosposti. Niente drammi, comunque, la stagione volge al termine e ben due trofei possono essere messi in bacheca (Coppa Italia e Supercoppa italiana ndr) , in più arriverà con ogni probabilità (lasciando ancora accesa una piccola fiammella di speranza Champions, ma troppe sono le coincidenze e poche le reali possibilità che si avverino)  l’Europa League, trofeo in cui il Napoli potrebbe questa volta cercare di portare ancora una volta a casa, dopo l’esaltante cavalcata della Coppa Uefa 1989. Il progetto va avanti, come direbbe De Laurentiis, noi ci aggiungiamo “con noi al tuo fianco” perchè la squadra merita comunque un plauso per le emozioni che quest’anno ha saputo regalare. Non è ancora tempo di saluti e dediche, resta un’ultima giornata che potrebbe ancora regalare sorprese, augurandoci che la Dea bendata faccia capolino a Catania e a Roma, per spingere la sorte a regalare qualcosa che oggi, ahinoi, appare un’utopia.

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