Inacio Pià docet: Sbagliando si impara

Sembra trascorso relativamente poco tempo da quando Inacio Pià, uno dei protagonisti della risalita del Napoli, dalle viscere dell’inferno della C alle note paradisiache della Champions League, conseguenti alla risalita in A, era pronto a suggellare le sue marcature con quella esultanza rubata dall’eroe del Wrestling Jhon Cena: lo sventolio della mano davanti al volto con tanto di linguaccia annessa. Ma era anche pronto a reincarnare l’Uomo Ragno, sfilando prontamente la sua maschera, nascosta in un calzettone, ed indirizzare ragnatele virtuali verso i tifosi.

Quel suo fare spensierato e goliardico bene ne incarna quel pizzico di pazzia che caratterizza ogni giovane.

Eppure, per Pià, ormai prossimo all’alba dei 30 anni, è già tempo di sfogliare l’album dei ricordi.

Così, l’attaccante originario diIbitinga ha deciso di raccontarsi in un’intervista esclusiva rilasciata a sportmediaset.it, in cui ripercorre la sua carriera. E non solo.

Pià è arrivato in Italia insieme al fratello Joelson, con il quale condivide la passione per il calcio e il desiderio di fare di quello sport il proprio mestiere, entrambi nel ruolo di attaccanti.

Inacio cresce nel fiorente vivaio dell’Atalanta , dove, sotto l’ala protettiva di Mino Favini, si trovavano a calciare il pallone insieme a lui, moltissimi giovani promettenti: Bellini, Pinardi, Natali. Il Pià di quell’epoca possedeva un talento alla pari di molti altri giovani aspiranti calciatori. In tanti sarebbero stati pronti a scommettere su di lui.

Proprio con la maglia nerazzurra dell’Atalanta  fa il suo esordio in serie A.

Dopo la breve parentesi, trascorsa in prestito ad Ascoli, nel gennaio del 2005 è acquistato dal Napoli, all’epoca relegato in serie C, (con cui ottiene l’anno seguente la promozione in Serie B, segnando 4 gol.

Nella stagione 2006-2007 è stato autore di due gol decisivi, contro il Treviso ed il Brescia che hanno fruttato due vittorie al Napoli utili per la risalita in Serie A.

Ciò nonostante, non viene stimato essere un attaccante da “serie A” dallo staff azzurro, quindi, nell’agosto del  2007 viene ceduto in prestito al Treviso, tornando, così, in Serie B.

Nelgennaio del 2008 riesce ad accaparrarsi la sua chance in serie A, seppure solo in prestito, al Catania.

Finiti i termini del prestito, torna al Napoli. Fa il suo esordio in Copa UEFA il 14 agosto 2008 contro il Vllaznia mettendo a segno una doppietta, grazie alla quale gli azzurri sconfiggono gli albanesi per 3-0.

In seguito si ripete nella gara di ritorno al San Paolo, vinta 5-0, segnando la rete del 2-0. Il 3 maggio 2009, in trasferta sul campo del Siena, realizza il suo primo gol in Serie A con la maglia azzurra, che gli permette di entrare nella storia assoluta della società partenopea, così come è lui stesso a raccontare: “qualche giorno fa mi hanno chiamato da Napoli dicendomi che sono l’unico giocatore della sua storia ad aver segnato in tutte le categorie (C, B e A) e in Coppa Uefa. E’ stata una bella soddisfazione. Sono stato bene lì. Poi è cambiato tutto, proprietà, dirigenza, allenatore e ho preferito cambiare di nuovo. Sempre la solita storia, volevo giocare. So di aver commesso degli errori, so che non ho saputo aspettare, di essere stato, diciamo così, un po’ irrequieto. Ma se non volevo stare fuori a 18 anni figurarsi a 27…”.

Se si considera anche la Coppa Intertoto, Pià condivide questo impareggiabile primato con l’ex azzurro Mariano Bogliacino.

Nell’agosto del 2010 viene ceduto a titolo definitivo al Portogruaro, neo-promosso in Serie B, mentre nel  settembre del 2011 ha firmato un contratto biennale con il Pergocrema, compagine lombarda militante in Lega Pro Prima Divisione.

Qui le cose però vanno piuttosto bene. – Afferma il brasiliano Ho fatto sette gol in 15 partite, ho avuto qualche problemino fisico, ma adesso gira tutto per il meglio. Promesse? No, no, non le faccio. Certo, in doppia cifra dovrei arrivare, sono abbastanza vicino. In fondo però quel che conta è la squadra e questa è una squadra con giovani interessanti, di talento, che faranno molto bene. E’ incredibile. Una volta mi davano consigli, mi parlavano, mi spiegavano ogni cosa. Oggi mi trovo a dire ai nostri ragazzi come giocare e non mi pare possibile!”

Il rammarico misto a malinconia intriso in queste ultime parole è facile da carpire.

Quando è arrivato in Italia, in effetti, Inacio era un “talento grezzo” da plasmare in “calciatore puro” con l’arma dello spirito di sacrificio, dell’abnegazione, dell’allenamento, della fame di mostrarsi e di dimostrare il suo valore.

Invece Pià ha avuto fretta. Voleva giocare, sempre, comunque, ovunque, a prescindere dalle categorie. Per lui90’ in Prima Divisione valgono più di10’ striminziti e rubati a uno stanco attaccante di serie A, forse titolare al suo posto, perchè lui, a differenza di Inacio, ha avuto il coraggio e la forza di aspettare il suo turno.

Sono cresciuto a furia di errori”. Dichiara il brasiliano. Sbagliando si impara, è risaputo.

Inacio non può nascondere i suoi errori, non deve.

Soprattutto non deve farlo ora che si trova al cospetto delle “nuove leve”, se vuole che giovani ed acerbi talenti non ripercorrano le sue orme, ma piuttosto, dai suoi sbagli, sappiano trarre un insegnamento utile per delineare nel loro futuro un cammino diverso, rispetto a quello che ha caratterizzato la sua carriera, ormai giunta quasi al tramonto.

Luciana Esposito

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