Il suo nome è Migliore

Accade ancora che un ragazzo di temperamento sfugge allo stordimento del sonno ed esce di casa per recarsi allo stadio più vicino. Accade ancora che un giovane ribelle evade dal ritiro e, in barba ai suoi insopportabili padroni, ruba il pallone portandolo con sé. Accade ancora che la sua barba cresce rapida e incolta sotto una testa rimasta a lungo inviolata dalle forme imposte dalla volontà altrui e che non sono quelle immaginate dalla mente creativa che si porta dentro. Accade ancora che un sorriso beffardo illumina di docile pazienza il cielo piovigginoso, plumbeo e regale, della Gran Bretagna. Accade ancora che un signorotto moderno veste i suoi abiti migliori per uscire durante una notte in cui sa che nessuno lo vedrà. Accade ancora che il suo volto impertinente avvolge di disarmante tenerezza l’impudenza della sua disobbedienza.

Accade ancora che i lampioni delle strade s’illuminano durante la sera buia del lontano Nord Irlanda per guidare il cammino spavaldo e insonne del suo eroe notturno. Accade ancora che gli dèi celesti, non senza invidia, accendono le stelle sul cielo che fa da coperchio boreale alla cupola scoperta dello stadio. Accade ancora che gli spalti vuoti e silenziosi si riempiono di sussurri e si gremiscono di quella folla invisibile che è il corteo eterno della gloria. Accade ancora che il mondo intero si ricopre dello stesso cielo plumbeo e piovigginoso. Accade ancora che quel ragazzo entra non visto negli spogliatoi, sveste lo smoking e indossa la sua casacca rossa e infila gli scarpini. Accade ancora che le sue gambe agili e potenti saltano sui suoi piedi che sono la punta della penna del poeta.

Accade ancora che il ticchettio dei tacchetti sull’asfalto intorno al terreno, zittisce il brusio dell’attesa, risucchiando la foschia dopo aver fermato la pioggia. Accade ancora che il suo ingresso in campo sposta lo sguardo siderale su ogni suo passo, e che il pubblico si alza in piedi per ossequiare colui che tra non molto avrà qualcosa da dire. Accade ancora che un uomo solo e perduto, prende il suo genio, la sua vanità, le sue debolezze e la malattia che tra poco se lo porterà via, e disporrà tutto davanti a sé. Accade ancora che il pallone rubato di nascosto viene poggiato con cura e riverente delicatezza, come con un’amata alla quale un cavaliere irriducibile mai confessò il suo amore. Accade ancora che quel campione dall’aspetto malandato si avvede che un tempo fu bellissimo e adorato come un dio, che mai si è accorto d’essere così come adesso, in un tempio che lo celebra a sua insaputa, dove sta per compiere l’ultima prodezza. Accade ancora che lui, che di nome fa Migliore, guarda per l’ultima volta il pallone sussurrandogli “Se puoi guardami e ringraziami, perché pochi ti hanno trattato come ti ho trattato io.”

Accade ancora che il nome Migliore è l’anagrafico segno del destino scolpito in quel cielo che solo quando, ancora oggi, si accorge di George Best che rivolge frasi confidenziali al pallone, interrompe la sua pioggia e fissa le sue stelle.

A George Best, nell’anniversario della sua scomparsa, vissuto tra la gloria e la ribalta delle cronache, morto a causa di una cirrosi epatica all’età di 58 anni. È stato, forse, il più grande genio del calcio europeo. I suoi trascorsi di alcolista lo hanno costretto a ritirarsi dallo sport professionistico a soli 25 anni. Prima di morire chiese di farsi fotografare per diffondere l’ultimo messaggio alle nuove generazioni, “Ragazzi, non morite come me”. Quando un suo amico, accorso per scattare le foto, lo vide sul letto, ridotto ormai a pelle e ossa, per l’impressione e il dolore esitò a fotografarlo. Ma Best gli chiese fermamente di farlo, cercando di sorridergli, e il suo amico scoppiò a piangere.

 

sebastiano di paolo, alias elio goka

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