Il circo in fiamme

Su “Quando cade l’acrobata entrano i clown”, di Walter Veltroni

Edito da Einaudi – Supertascabili

“Sembrano marinai di mille navigazioni. Devono aver incontrato corsari e marosi. Devono aver fatto mille battaglie.”

Nessuno sa se sia per cause genetiche, politiche o caotiche, ma il bambino e l’adulto non si somigliano. Nell’equilibrio corrotto che l’essere umano, se ha la fortuna di riuscirci, trova pure all’inferno, ruotano le leve fissate al fulcro di più vite. Ma l’umana tendenza verso quella compensazione che è l’età della ragione, fa dell’uomo un animale educato, e meglio si direbbe ammaestrato, volendo riconoscere che l’analisi di se stessi procede sempre per approssimazione. L’infante disarmato gioisce, strilla e si lamenta in braccio all’uomo grande che nel silenzio della sopportazione e della tenerezza tiene buona la belva che negli anni è cresciuta insieme a lui.

Deve esserselo chiesto a più riprese l’autore del libro “Quando cade l’acrobata entrano i clown”, prima di riconoscere che quando la ferocia della Storia fa ingresso nel gioco non risparmia nemmeno l’uomo che si traveste da bambino e nella sua grazia viscerale vuol tornare tra le braccia della passione.

Valter Weltroni deve esserselo domandato molte volte prima di scrivere il toccante monologo di un uomo che per una notte ha mentito alla moglie sulla destinazione di un viaggio, nascondendole che quella reale sarebbe stata la finale di Coppa dei Campioni tra la sua squadra del cuore, la Juventus, e quella di avversari, il Liverpool, sostenuti da tifosi scesi da un nord europeo di barbarica memoria. Quella era stata l’unica bugia alla compagna di una vita. L’unica bugia che di lì a poco avrebbe steso il manto bianco su una notte di tragedia. Una menzogna che per una sera lo avrebbe trasformato in un bambino lo avrebbe scaraventato in un’esperienza assoluta di adulta tristezza.

Lo stadio Heysel di Bruxelles fu il teatro di molte cose, la sera del 29 maggio del 1985. Fu la follia, il disarmo e il becero impaccio se comportarsi da bambini o da adulti, di fronte al crollo di un pezzo dello stadio e dell’onore intero di una nazione. Tutta l’Inghilterra dovette vergognarsi al cospetto di un’azione estrema di becera e ubriaca teppaglia. Tutta Italia dovette inchinarsi all’imbarazzo del giorno successivo, che non seppe risparmiarsi lo scoppio di una festa fuori luogo prima di tutto perché un luogo quella strana vittoria non avrebbe mai potuto trovarlo. Ma quando l’indesiderabile piomba sulle possibilità umane, pure la tragedia diventa piccola piccola, e allora vale pure la pena di aspettare di cullarla nel tempo postumo alla festa.

Veltroni spegne la luce e accende un lume, abbassa il volume e ascolta i sussurri di una notte di sereno tormento, di un uomo che ha assistito agli orrori della follia senza nemmeno poterlo confessare al candore accogliente di sua moglie. Il protagonista del suo libro è lo scrigno chiuso di un segreto rivelato a una nazione. Lui c’è stato dentro ma non può strillarlo. S’è reso conto della connivenza di più età nell’uomo che si crede adulto, perduto tra clamorose debolezze e irritanti incapacità. Ricorda una per una le facce disperate di una folla dispersa nel dolore, i volti incollati alla tragedia come usciti da un dipinto di Goya.La Storiadello sport conserva nel museo delle torture quella indimenticabile sera di maggio. E il protagonista di Veltroni ripercorre dentro di sè quella giornata che lo fece sentire maldestro e ingenuo bambino di fronte alla violenza della vita e sorpreso e vinto adulto davanti all’esplosione di gioia di uno spettacolo che seppe di circo in fiamme.

“Entrano le squadre in campo, che magnifica allegria. Quando cade l’acrobata, entrano in scena i clown. È la verità, siamo al circo. Un luogo dei più tristi della vita. Uno dei posti nel mondo dove nessuno è libero.”

sebastiano di paolo, alias elio goka

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