Il calcio italiano è in deficit: 345 milioni in rosso

Il dossier Report Calcio 2011 elaborato dal Centro Studi, Sviluppo e Iniziative speciali della Figc con l’agenzia di ricerche e legislazione Arel e PricewaterhouseCoopers, ha analizzato minuziosamente il movimento calcistico italiano sotto il profilo economico e contabile. Il primo risultato che balza agli occhi è il forte squilibrio che sussiste tra i ricavi dei diritti tv e le restanti voci d’entrata nel bilancio.

Il dato è allarmante, è da bollino rosso: per la prima volta nella sua storia, la serie A ha sfondato il tetto dei 2 miliardi di valore della produzione. Solo 15 dei 132 club registrano un utile. La perdita, dal punto vista economico registratasi nel 2009/2010, ammonta a 345,5 milioni di euro. Il momento di difficoltà del nostro calcio non va visto solo dal punto di vista di gioco ma anche dal punto di vista del fair play finanziario. Il rischio è alto: il collasso totale. Adesso ci troviamo in momento storico simile alla chiusura del mercato calcistico per il tesseramento dei giocatori stranieri. Il momento è delicato perché è una questione dal doppio sfondo tematico: per prima cosa, si tratta di rinvigorire le leve calcistiche del Bel Paese e poi bisogna tenere d’occhio l’equilibrio tra entrate ed uscite. Come fare? Credere nei giovani ragazzi italiani. Il sistema economico-politico è restio a lasciarsi guidare da forze fresche, perché anche il calcio dovrebbe seguire questo pregiudizio? L’epoca d’oro della speculazione calcistica, a cavallo tra gli anni ’80 e’90, sembra essersi eclissati con il recente declassamento nel ranking Uefa: la serie è il quarto campionato d’Europa e nel 2013 ci sarà una partecipante in meno in Champions.

In merito alla questione Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, è intervenuto alla presentazione del dosser: “Sarà indispensabile nei prossimi anni avviare una nuova generazione di stadi perchè il ritardo accumulato è al limite”. La questione dell’impiantistica sportiva è suggestiva ma è onerosa in termini economici. Si respira una nuova area di sanatorie, ma quando arriverà il tempo del rinnovamento?

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